Lettera di Pablo e Matías in merito allo sciopero della fame ed alla loro situazione carceraria

Compagne e compagni, con impotenza e rabbia abbiamo appreso gli ultimi
avvenimenti… le perquisizioni dei C.S.O. e delle case occupate e
l’espulsione dei compagni dall’Argentina… nel puro stile panem
et circenses.
Il tutto aumenta il nostro convincimento e siamo
certi che fuori da voi è lo stesso. FORZA!

In merito alla nostra ultima lettera, avvertiamo il bisogno profondo di
rivendicarci. L’inesperienza ha giocato contro di noi… anche quando
questa possa essere perfettamente una “fonte di creazione
sperimentatrice”.

Riconosciamo, sinceramente, che abbiamo avuto una posizione estatica in questa
reclusione, specie riguardo all’appello solidale proposto dal
compagno Gabriel Pombo Da Silva. Sappiamo/pensiamo, con un po’ di
vergogna, che è dovuto all’asfissia carceraria e, perché
no, all’efficacia provocata dalla reclusione in questo centro di
sterminio.

Qui la monotonia e la detenzione hanno colpito in qualche maniera
l’immaginazione e la creatività nel ricercare forme per
restituire impulsi che tanto ci hanno sollevato il morale. Ci manca
quel tipo di reciprocità che produce una crescita permanente.
Certo, per nessun motivo abbiamo smesso di crescere, ma in qualche
maniera ne ha risentito la creatività per affrontare il
capitale in modo efficace, sebbene siamo certi che è questa
maledetta reclusione che ci tiene legati.

Ma gli errori, ne siamo convinti, non servono per lamentarsi né
per assumere una posizione da “feriti”, ma per apprendere e
capire sempre più quelli che affrontiamo, intendendo ognuno
dei tentacoli e dei veleni diffusi dal capitale, dal dominio,
dall’autorità e dal potere. Crediamo nell’autocritica
esaustiva e costruttiva, per trarre conclusioni certe che servano da
strumenti per l’azione rivendicatrice.

Così, in merito ad uno degli obiettivi di questa lettera, appoggiamo la
proposta di Gabriel, ci uniamo secondo quando deciso tra di noi,
Matías e Pablo, all’azione solidale dal 20 dicembre al 1 di
gennaio. La nostra azione consisterà in un digiuno.

Quest’azione soddisfa le nostre aspettative di solidarietà contro tutto il
seguito di repressione acuta contro i lottatori sociali ed i nostri
compagni prigionieri.

Utilizzando questo stesso mezzo, approfittiamo per descrivere le condizioni alle
quali siamo sottoposti in questa detenzione, non solo per noi ma per
tutti i sequestrati in questo tipo di luoghi.

Per via dell’intenso calore, da alcuni giorni, sebbene non ancora siamo
entrati “ufficialmente” in estate, le alte temperatura
divengono insopportabili dentro le celle, dopo il calore che si
accumula durante il giorno.

Ad ogni modo è comprensibile il calore prodotto dall’attuale
forma di vita umana… Adesso, il problema diretto di tali
situazioni, è che questi carcerieri, salvaguardando interessi
privati e statali, hanno iniziato a razionare il consumo d’acqua.
Alcuni giorni tagliano la somministrazione dalle 19 fino alle 24, o
all’1 di notte. E’ evidente il motivo: risparmio economico.
Privandoci di bere acqua, perché i tagli non vengono
annunciati, o di farci la doccia per poter mitigare il calore o l’uso
del bagno per il richiamo della natura.

Inoltre, questa situazione di calore ha provocato l’aumento della presenza di
alcuni insetti… simili a pidocchi, che qui vengono chiamati
chinches… il che dimostra il disinteresse e la mancanza di
igiene tra i detenuti.

La risposta dei fottuti carcerieri? Nessuna.

La deficiente qualità della struttura di questa prigione (che non
è così male se la si vede da un altro lato) è
possibile vederla in ogni risvolto di questo luogo (immaginiamo che
la situazione in altre carceri sia peggiore, perché questo
mattatoio è sotto concessione).

Lo scarico è diviso tra il lavandino-doccia e il water. Il
problema è che lo scarico del lavandino scorre nel cortile, in
modo che quando andiamo all’aria, il cortile è inondato da
quest’acqua, con l’ovvia possibilità di infettarsi per qualche
malattia.

Oltre questa deficienza strutturale, l’acqua scorre vicino alla connessione
elettrica… sono frequenti i blackout, con il rischio evidente
(perché è già successo) di restare folgorati.

Con queste parole, a mo’ di denuncia, non cerchiamo di mostrare la
“disumana condizione di reclusione”, in questo territorio.
Parlare di “carcere disumano” è ridondante. Nemmeno
lo facciamo con un intento vittimistico, ma solo per far conoscere
una realtà relativamente estranea, sconosciuta in alcuni casi,
per contribuire con la nostra esperienza al dibattito anticarcerario.

La reclusione, l’isolamento, le proibizioni e la punizione, sono
allucinanti.

Il carcere è un fatto che beneficia solo la classe dominante, al
fine di perpetuare l’attuale ordine delle cose, con la detenzione di
chi trasgredisce la norma.

Ringraziamo profondamente i gesti di appoggio e di affetto, noi ci sforzeremo
perché prevalga la reciprocità e vogliamo che sappiate
che apprezziamo infinitamente le azioni di tutti per le strade,
comprendendo i pericoli ai quali vi esponete e le energie che
sprecate cari amici, compagni e familiari, in quel carcere più
grande che è la società.

Forza, affetto e molto amore per i compagni recentemente tratti dall’altro
lato della cordigliera e ovviamente a quelli che fanno della
solidarietà un fatto.

Forza compagni!!!

Sperando di superare il circolo dei convinti, per avvivare la fiamma della
gioiosa ribellione in qualche altra individualità inquieta.

Solo la lotta ci rende liberi!!!

Solo la paura è una sconfitta!!!

Con il petto gonfio d’ira ed amore,

*Matías Castro* e *Pablo Carvajal*

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