Grecia – Dichiarazione in aula di Panagiotis Masouras (21 giugno)

* actforfreedomnow

# cenere

Per cominciare voglio che sia chiaro a tutti che oggi sto dietro al banco come prigioniero nemico politico del regime e non come un criminale.

Il crimine è il privilegio di quelli che infrangono la legge legalmente. Quindi, data la situazione, dichiaro che non intendo scusarmi. Non mi scuso perché un combattente quando si scontra con il meccanismo giuridico, in nessun modo può presentare un atteggiamento apologetico. La parola scusa reca con sé il significato di pentimento. Non rinnego il fatto di essere un rivoluzionario. Operando quindi una correzione ben mirata ma anche politicamente corretta del termine scusa, di ciò ne farò una dichiarazione politica. Per iniziare voglio dire alcune parole riguardo al comportamento tenuto durante il processo. Facendo pertanto una piccola panoramica del passato recente nel contesto di questo processo politico, capiamo che le misure adottate al fine di portare avanti questa procedura non sono altro che un tentativo di isolamento dei prigionieri politici, ma anche un chiaro messaggio di polemica nei confronti del valore della solidarietà bidirezionale. I quattro poteri insieme, hanno cercato di schiacciare i loro nemici antiregime. Hanno cercato di annientarci moralmente, politicamente, praticamente. Questo piano va bloccato. Se lo portano a termine, sotto quali condizioni e con quali termini è qualcosa che, usando come strumento politico l’educazione e la coscienza, bisogna che sia lasciato ad essere giudicato. Per qualcuno affermare che la vostra strategia è basata sulla repressione e sulla paura è sicuramente un punto di vista che comunque continua a galleggiare come un tappo sulla superficie della coscienza rivoluzionaria. Ciò che ho capito è che oltre alla paura e alla repressione vi è anche la scelta.

Se guardiamo un po’ più attentamente e proviamo una breve panoramica nella storia del movimento sovversivo nei paesi occidentali durante il periodo ’60 e ’80 capiamo che la strategia che avete applicato nella vostra corte marziale non è qualcosa di innovativo nel settore della politica repressiva. Infatti oggi viviamo condizioni similari al dopoguerra in Italia, Germania Federale, Spagna postfranchista, Francia, Grecia dove tutto ciò prima del ’74 veniva chiamato resistenza mentre dopo ha preso il nome di terrorismo. Poi i nemici antiregime che sono stati perseguiti per la partecipazione in organizzazioni rivoluzionarie armate ma anche per un’ampia serie di pratiche sovversive, hanno vissuto e sono stati processati negli identici regimi di isolamento e repressione. Infatti questi sono i tempi dove vediamo la registrazione e il trattenimento dei documenti d’identità di quelli che vogliono assistere ai processi politici. E’ quando essi occasionalmente usano come prova la presenza di qualcuno in un’aula, creando leggi d’emergenza e le accuse prendono la forma dei pogrom. Poi i giudici indiscriminatamente cacciano il pubblico e occasionalmente gli accusati dalle aule. E’ quando i carabinieri, le unità del B.K.A. e la guardia civil, controllano ben armate il perimetro delle aule e sorvegliano le stanze di detenzione dove gli accusati (quando e se hanno una possibilità) comunicano con i loro avvocati e le famiglie. Sono tempi dove dalla presentazione dei procedimenti risultano processi che sono stati fatti senza spettatori, avvocati e anche accusati. Abbiamo anche avuto processi e sentenze in absentia. Dunque anche adesso le conclusioni restano le stesse. Questi processi hanno un esito previsto, visto che il potere giuridico agisce per conto di superiori figure politiche, servendo gli interessi del capitale nazionale ed internazionale ma anche delle condizioni interne dell’ordine legale e della sicurezza, mostrando praticamente il corpo giuridico come un’estensione della protezione dell’elite economica e politica, tenendo semplicemente il ruolo di marionetta decorativa. Incontri di questo tipo infatti, costituiscono semplicemente una conferma pubblica di ogni decisione politica che è già stata presa in precedenza. Una sentenza tagliata su misura.

In queste condizioni alcuni di noi hanno cercato di costruire una barricata di rifiuto e opposizione pratica nei confronti della politica di isolamento e di svilimento. Abbiamo dato spazio alle nostre parole e alle nostre pratiche, contro le posizioni dei meccanismi giuridici e non solo. Ai ben affilati rasoi del ricatto abbiamo scelto di non porgere l’altra guancia ma di rispondere con altrettanti rasoi. E’ una pratica che lascia, io credo, un importante ma anche essenziale traccia nella storia della comunità rivoluzionaria, una traccia che come tale è soggetta a valutazioni, è esposta a critiche, è suscettibile di autocritica e perché no di arricchimento e sviluppo. Io spero che questo movimento di lotta abbia contribuito a suo modo nel tentativo di scrivere la storia con un’altra lingua, quella del rifiuto, con un altro comportamento, quello dell’opposizione pratica. Forse non c’era modo per vincere, forse la sconfitta era già data come diceva l’opinione pubblica. Risponde con le parole di un brigatista rosso che ha detto che certe considerazioni appartengono a quelli che credono alla Vergine Maria che lacrima. Guardare ancora alla storia con questi termini irreversibili e accettabili, significa che li accettiamo nella loro totalità, impedendo allo stesso tempo la trasmissione di nuove posizioni politiche, considerazioni e pratiche.

Continuando, devo ammettere che il termine dei 18 mesi di carcerazione pre processo e conseguentemente il mio rilascio mi hanno colpito poco. Con i nuovi fatti che hanno dettato la mia presenza in quest’aula devo chiarire alcune cose. Partecipando da libero, sotto restrizioni, in quest’aula, io non voglio darvi l’impressione di essere qui per accarezzare le vostre orecchie con parole di pentimento e lacrimevoli spiegazioni. Sarebbe una previsione sbagliata da parte vostra ritenere il mio presentarmi qui al banco col fine di giustificarmi, di chiedere clemenza o simpatia umanitaria. Quello che voglio dalla mia mossa politica è la creazione di una nuova proposta, un nuovo punto di vista, una risposta che creerà spazi di indipendenza antiautoritaria di quelli dentro e fuori le sbarre, contribuendo quindi alla promozione della necessità di una condotta tenace nella lotta sovversiva. A mia volta rendo onore a quelli che con il coraggio e l’altruismo che contraddistingue i compagni, che sono adesso in prigione, si rifiutano di presentarsi davanti a voi sputandovi in faccia i vostri ricatti con sobrietà politica a coraggio. Perché la promozione delle parole e delle pratiche di una coscienza rivoluzionaria non può esaurirsi in un’aula giuridica.

Voi vi rifiutate di ammettere che noi, certamente non tutti, siamo nemici politici del regime in cattività o in un regime di speciale sequestro. Vi rifiutate di giudicarci come oppositori politici anche se ci giudicate con leggi antiterroriste che perseguono “crimini” politici. Ci giudicate in una corte marziale che assomiglia più ad un porcile, dall’asfissiante presenza di quelli che agiscono per il potere legislativo e giuridico. Io sono quindi colpevole prima che il vostro verdetto sia pronunciato. Colpevole perché non sono pacifico, perché non sono uno schiavo, perché non ho chinato la testa, perché non accetto le segregazioni sociali, perché sono una persona e come tale ho anche una dignità. Colpevole perché diffondo un’altra proposta di vita, un’altra sete di una diversa scoperta.

Voi rifiutate le motivazioni e i criteri politici, cercando di fortificare una proposta alternativa, una proposta politica, la quale se diventa accettabile in quanto tale poi il vostro stesso sistema politico arriverebbe alla finale forma dell’autorovesciamento, accettando che la vostra democrazia non è la perfezione riguardo alla cultura, alle relazioni e l’educazione politica. Se voi capiste la nostra posizione allora l’assoluta conoscenza della verità della vostra politica neoliberale collasserebbe. Qui ci sono accusati che non accettano questo loro ruolo, bensì quello di accusatori. Gente che non accetta il dialogo tra rivoluzione e controrivoluzione. I vostri valori, i vostri ideali come guardie della pace sociale e dell’ordine legale non vengono rispettati dagli anarchici. Io mi rifiuto di darvi qualsiasi spiegazione, io prendo una posizione di rifiuto, cosicché tra noi un rudimentale canale di comunicazione possa essere disattivato. Voi infatti dalla posizione in cui vi trovate avete il vantaggio di praticare una critica permanente e di generare controversie. Nel 1929 il comunista Rakoczy chiese ai suoi giudici:

Chi siete? Cosa rappresentate? Qual è la ragione storica della vostra esistenza? Se tento oggi un dialogo postumo, direi che siete un branco di esecutori autodesignati che agiscono come muro di protezione per l’elite politica ed economica, che voi rappresentate e garantite, sempre controllando, le norme malate del capitalismo nella vita della gente, voi rappresentate anche la coscienze svendute dei soggiogati e degli esseri sociali deboli di mente. La ragione storica della vostra esistenza non è altro che seppellire i rivoluzionari nel cemento e nell’acciaio, di affogare nello spirito del terrore e della repressione ogni esplosione anticonvenzionale e sociale sovversiva, spargendo il sangue di ogni respiro che non è sincronizzato con il maggioritario rantolo della morte sociale.

Se portiamo indietro l’orologio comprendiamo la tattica standard dello sterminio e dell’isolamento dei prigionieri politici a livello internazionale. Imprigionamenti, esecuzioni, attacchi contro i rivoluzionari, contro le strutture di sovversione e i cuori della resistenza nel mondo sono le condizioni basilari per l’esistenza dei paesi capitalistici. Il fine è quello di distruggere il fronte mondiale della rivoluzione che agisce continuamente per la sovversione. La politica di isolamento e l’internazionalizzazione della repressione capitalistica vengono attuate con ogni mezzo. Con la linea inflessibile della sovranità imperialistica, con l’internazionale coordinazione di unità militare, l’aggiornamento del potere dei servizi segreti della polizia con l’educazione tecnocratica, dal lavaggio del cervello tramite media, religione, famiglia, dall’amputazione della coscienza nelle celle scolastiche, il ricatto della schiavitù salariale, gli arresti di massa e le accuse a carico dei combattenti. Quando qualcuno parla di condizione annientatrici di prigionia e omicidi di rivoluzionari, torna alla mente la notte della morte a Stuttgart nella prigione di alta sicurezza di Stammheim, dove i combattenti della RAF vennero trovati uccisi fucilati, pugnalati e impiccati nelle loro celle. Stammheim di fatto non è solo in Germania. Stammheim si rivela ovunque nel mondo. Dalla Turchia con i regimi F – Type dove i prigionieri politici vengono uccisi uno dopo l’altro durante i loro trasferimenti e dove nelle rivolte e nelle lotte che hanno condotto al fine di abolire questo regime 122 di loro sono stati uccisi. Dal regime FIES in Spagna dove è indicativo che alcune fosse di cemento come El Dueso, Okania 1, Puerto de Santa Maria e Erera de la Mancha sono state definite dai prigionieri nidi di tortura, malvagità e sterminio. Dalle prigioni di isolamento a Voghera, Rebibbia e l’esilio per i brigatisti rossi nell’isola di Asinara in Italia è indicativo delle condizioni di ospitalità che sono state riservate ai prigionieri politici. E da qui alla Germania dove alcuni buchi infernali come Ossendorf, Colonia e la prigione di Amburgo sono state lasciate all’arbitrio di ricerche psichiatriche sotto il nome di SFB 115 (speciali campi di ricerca) sotto il monitoraggio del maggiore psichiatra torturatore Gian Kros con i finanziamenti degli USA. Da qui alle prigioni speciali in Francia ai padiglioni H per l’IRA e l’INLA in Inghilterra, alle segrete del Sud America. E tornando ancora in Grecia troviamo le celle bianche dove vengono trattenuti i membri della O.R. 17 Novembre e il regime speciale di prigionia e isolamento dei prigionieri politici. I rivoluzionari, per non dimenticare le loro posizioni, non dovrebbero mai dimenticare la continua, inflessibile e prima di tutto giustificata guerra. Al ricatto essi rispondono con l’ostinazione, l’azione e l’integrità. Alle accuse e alle catture, essi rispondono col sogghigno e con un cuore fatto di ghiaccio che trattiene migliaia di promesse, proposte di vita e lotta. Alla repressione, l’assimiliazione, la vita alienata, al capitalismo essi rispondono con la lotta. Tenace, continua, lotta sovversiva.

Per me sarebbe facile seguire il falso dilemma innocenza o colpevolezza. Sebbene voi sappiate che non avete alcuna prova a mio carico. Io comunque sono colpevole come la pratica dello scontro rivoluzionario negli occhi del movimento sovversivo e dei combattenti. Quello che non capite è che imprigionando e giustiziando i rivoluzionari, non potete imprigionare e giustiziare la rivoluzione stessa. Ciò costituisce una delle convenienti delusioni del vostro meccanismo di potere e delle vostre percezioni. Non capite che se anche ci seppellite vivi, dimenticate di rubare il cielo, che anticipa la nostra tempesta. Credete, che inviando l’EKAM (forze speciali) a romperci le teste con i loro calci di fucile e spedendoci in prigione, di poter riuscire a privarci delle cose più preziose che abbiamo, la fiducia nelle idee, valori, la lotta. Con ancora maggiore ingenuità credete che le nostre ginocchia possano amare i pavimenti delle celle, corridoi, celle d’isolamento e i cortili di ogni prigione. Adesso dopo due anni vi presento i risultati. Non state tenendo come una bandiera la mia sconfitta politica e morale, una pila di carte è incapace a imprigionare la mia anima.

Non sono qui per farmi apprezzare agli occhi di nessun giudice o pubblico ministero. Sono qui in quanto soggetto politico la cui coscienza spinge per dare il mio punto di vista riguardo all’ordine delle cose. Ecco perché resto intransigente.

La grande importanza oggi è più vicina alla nostra integrità di combattenti e meno al risultato. E’ vicino a ciò che l’audacia e l’orgoglio vengono testati giornalmente nei vari tipi di sotterranei di questo regime totalitario. Che questi vengano chiamati prigioni, posti di lavoro, riunioni, ideologie morte, falsi dilemmi. Il potenziale di una condanna perché io non sto controllando la mia lingua non è abbastanza per impedirmi di pormi con orgoglio in qualità di persone.

Non faccio sconti ai miei pensieri e al mio discorso anche se so che posso essere processato informalmente con la legge 509 del 1947.

L’unica differenza è che io non sto propagandando il comunismo ma l’anarchia.

Per alcuni la lotta è come un fiore prezioso e per ottenerlo alcuni devono camminare e restare saldi sull’orlo del dirupo. Quelli che hanno percorso l’orlo o quelli che si sono avvicinati, per loro l’istituzione salva un’unica scala di confronto. Tutti quelli che lottano o quelli che sono pronti a farlo, già sanno o lo capiranno durante che lo stato insegue i suoi nemici, come un cane arrabbiato. In questo non vi sono illusioni.

Per qualcuno non sarebbe un errore ammettere che nei periodi di esaltazione della lotta radicale-sovversiva, l’autorità risponde con una combinazione di infamia e repressione contro quelli che resistono. In questo preciso contesto la prigione è e dovrebbe essere considerata come un caso estremamente probabile. L’attuale esperienza greca ha confermato ciò nel modo più chiaro. Oggi il regime più che mai decide di annientare il nemico interno. Dozzine di imprigionamenti di combattenti senza prove, campioni di DNA, impronte nelle case o oggetti portatili, criminalizzazione dell’amicizia e delle relazioni tra compagni, molti compagni in clandestinità (un particolare regime di sequestro), la legge antiterroristica sempre in aggiornamento al fine di colpire chiunque, così creano un clima tale che possono sterminare i combattenti e spaventare chi può potenzialmente andare contro i fini del regime disturbandone l’ordine e la pace sociale. Così chiunque attacca l’esistente è chiamato a prevedere tutto quello che deve affrontare, ma anche ad agire durante la sua probabile prigionia nelle moderne segrete della democrazia. Forse alcuni hanno davvero creduto o continuano a farlo, che gettandoci nelle segrete ci faranno pentire del fatto che vogliamo una società diversa. Un mondo senza stati, sfruttamento e violenza. Forse pensano che la loro politica correzionale, che è gestita dalla sua estensione disciplinare che è chiamata sorveglianza pubblica, sia capace rinchiudendoci nelle stanze disciplinare di far svanire il coraggio di una persona che lotta.

Le prigioni vengono presentate come l’istituzione che è chiamata a ristabilire e riformare il sociale, secondo il regime, tumore che costituisce il loro interno.

Le strutture disciplinari e repressive dei moderni crematori cercano di isolare gli individui da ogni contesto sociale. Isolamento mentale, intellettuale, fisico, psicologico. E’ questo spazio che mantiene e fa uscire l’errore dell’essere umano. E i rivoluzionari lì vivono in un mausoleo, in un mondo di idee morte e esistenze alienate. Questa è una micrografia malata del vostro moderno regime totalitario. Essa è una micrografia che riflette con chiarezza il cannibalismo del capitalismo nella sua forma suprema. Essa è questo microcosmo dove l’esistenza umana capisce più facilmente la qualità del punto di vista maggioritario della società nella quale essa è inclusa. Spiando, egoismo, la piaga delle droghe, le convenzioni della logica suburbana, la schiavitù, ma anche la distruzione economica, politica ed intellettuale, sono nient’altro che la stessa faccia della società, dove alienazione e sfruttamento scavano le guance come un rasoio, ricordandoci che la morale e i valori tumorali che essa porta devono essere distrutti. Questo è il quadro che viene promosso dalla vostra sistematica norma e viene realizzato dalla vostra politica correzionale, che mira fondamentalmente a catturare la lotta della gente contro l’autorità.

Le prigioni comunque non sono le uniche alte mura e zone morte. Esse sono installate nell’istituzione della famiglia, dell’educazione, nelle relazioni interpersonali, nell’esercito, nei sorrisi smaglianti ma sempre falsi che la gente intorno ti fa. Le prigioni sono installate nella religione, nell’attesa, nell’accettazione passiva. Tutto questo gruppo di meccanismi disciplinari rappresenta la nostra vita rubata, la mancanza di libertà, l’oppressione, lo sfruttamento che subisce ogni persona.

Le prigioni non sono solo luoghi distanti ma vivono ed esistono dentro di noi.

Io, un fuorilegge per il regime, io vengo giudicato oggi dai collaboratori principalmente legali-illegali e moderni.

La ragiona per la quale sono qui oggi è il risultato della logica governativa. Infatti lo spettro politico ha un approccio autistico, che stabilisce che il regime democratico è il punto ideale più alto della civilizzazione e che esso non può mai essere criticato. Il regime ha l’allucinazione di poter avere il monopolio della violenza nella società della gente. Quando alcuni arrivano per farli cadere a terra nel campo della realtà con la teoria e l’azione dello scontro, lo stato cerca di reprimerli e di assorbirli.

Il fatto che io non nasconda le mie idee sotto il tappeto della prigionia, è certamente qualcosa che non vi piace. Anche se all’inizio mi hanno messo in prigione a causa di pressioni e intenzioni politiche, era chiaro che dopo che avessi interpretato il ruolo del buon prigioniero e dell’arrestato collaborativi, le probabilità del mio prematuro ritorno in società sarebbero state ovviamente migliori. Non avete ottenuto la mia sconfitta politica. Le vostre strutture repressive si sfaldano quando cercate di assorbire i rivoluzionari.

La posizione di un rivoluzionario in prigione dovrebbe essere considerata come un iniziale punto d’attacco. In accordo a quanto sopra, ho pubblicato diverse lettere politiche, trascurando il fatto che avrei peggiorato la mia posizione, visto che la non esistenza di prove a mio carico mi era chiara ed io ero indifferente alle conseguenze, perché ero in debito verso i compagni e la lotta nel tenere alta la bandiera della tenace posizione politica, anche in queste condizioni. Ho ritenuto e ritengo che i miei mezzi di fuga dalla cattività che è caratterizzata dalla vendetta e dalla non esistenza di prova, non sono la logica del nascondimento delle mie idee politiche al fine di ottenere un trattamento più clemente. Al contrario la mia posizione è vicina a quella di chi condivide con me le stesse intense considerazioni e riflessioni, vicina ad ogni individualità insurrezionale che sa osare.

Non gli permetterò di presentarmi come una vittima della DAEEB. E non lo permetterò perché un rivoluzionario non può mai essere una vittima. Perché un combattente è sempre un potenziale vincitore. Se qualcuno oggi sta cercando vittime, allora deve guardare alla società alienata che è prigioniera della maggioranza delle convenzioni suburbane che produce il sistema, ma anche di quelli che hanno incluso la sottomissione e la paura nei loro codici etici. Io potrei invocare la mia innocenza e quindi dare falsa sostanza alla direzione della mia dichiarazione politica. Ma non cadrò in questi falsi dilemmi.

Innocenza e colpevolezza, data la fluidità che le caratterizza come significati quando esse sono divise tra due mondi, sono profondamente variabili.

Sicuramente non c’è spazio per le delusioni in quest’aula speciale dove c’è il plotone d’esecuzione giuridico contro la gente libera. Gli inviti suburbani e del regime a migliaia raggiungono in forma di gospel le nostre orecchie. Dopo guardate voi stessi, difendete il vostro denaro, amate il vostro dio, cadete per la vostra patria, lavorate, consumate, vivete giusto come un altro numero e morite.

Io non lotto e non amo per nulla di quanto detto sopra. Il non mi comporto come un numero ma come un insieme delle mie scelte. Ecco dove sta la nostra differenza vitale.

Io non sono qui oggi per provare la mia “innocenza”, ma per i meccanismi giuridici e antiterroristi che provano la mia “colpevolezza”.

Non è difficile vedere che il vostro regime democratico è proprio come i regimi totalitari passati e presenti del mondo. Chiunque non scenda a compromessi e non viene assorbito viene represso e sterminato.

Secondo voi dovrei diventare un attivo cittadino, che tramite il voto andrà a scegliere il suo prossimo dominatore. Un buon cristiano che pagherà la sua fede con il suo denaro nella cassetta del vostro dio. Un orgoglioso greco che si arruolerà e se serve cadrà eroicamente in favore della patria rivendicando i vostri interessi economici e nazionali.

Ma visto che non ho un dominatore sul mio collo, né un dio o una patria, visto che non seguo le dominante etiche sociali, non sono sottomesso e non mi piego, sono il modello perfetto di ciò che voi chiamate un terrorista. Se i miei valori e i miei principi richiedono la repressione, con orgoglio mi dichiaro un “terrorista” ad ogni costo.

Se state aspettando che io faccia una dichiarazione di sincero pentimento per il fatto che vivo con dignità, dovrete avere la pazienza di Sisifo, perché non rifiuto le mie idee.

Non permetterò alla propaganda di regime e al cannibalismo mediatico di continuare a classificarci esclusivamente come criminali. Non permetterò a quelli che commettono i crimini legalmente contro la moltitudine di pensare che hanno il diritto di metterci alla prova, giudicarci e chiederci di scusarci.

Se qualcosa può giudicarci è la memoria dei compagni circa gli eventi dove non sono stato all’altezza delle occasioni e degno delle aspettative e dei requisiti della lotta. Se c’è qualcuno può giudicarci, siamo noi stessi. Siamo noi se continuiamo con coraggio a vivere contro la nostra era, il momento di inversione totale ci apparirà di fronte.

Se qualcuno deve essere responsabile, sono gli stessi che fanno parte del meccanismo dell’autorità di questo regime totalitario. I rivoluzionari sono gli unici che oggi non si scuseranno. Finendo, guardo al mio nemico con sobrietà e coraggio. Guardandovi riconosco gli assassini della libertà, gli accusatori dei nemici del capitalismo e dell’autorità, i torturatori della dignità e gli inquisitori della coscienza rivoluzionaria e della prospettiva di una postrivoluzionaria società libera. Guardandovi io divento l’accusatore e vi giudico colpevoli del massimo tradimento contro tutte le persone libere e combattenti.

Luna vita alla Rivoluzione. Lunga vita alla lotta Radicale – Sovversiva.

 

Dopo la fine di questa dichiarazione politica, il presidente della corte ha chiesto a P. Masouras se voleva rispondere alle domande della corte, e ha ricevuto questa risposta : “Ho specificato fin dall’inizio che sto facendo una dichiarazione politica e che non mi sto scusando, infatti come è ovvio non c’è campo dialettico tra di noi”.

 

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