CCF – Lettera dal carcere di Hristos Tsakalos


Due settimane fa, circa, i p.m. del caso della Cospirazione delle Cellule di Fuoco hanno citato diversi compagni prigionieri membri della CCF ed anche i 6 compagni arrestati nell’operazione antiterrorista del 4 dicembre 2010 (K.Sakkas, G.Karagiannidis, A.Mitrousias, S.Adoniou, D.Mihail, H.Politis) per degli “interrogatori aggiuntivi”, tesi a valutare se possono esser tutti inclusi nello stesso caso delle Cellule. Per questo alcuni compagni sono stati condotti al Tribunale Supremo di Atene (nelle due vole in cui è accaduto, un piccolo gruppo di solidali era presente all’esterno scandendo slogan), mentre gli altri sono stati condotti al carcere Koridallos di Atene e lì interrogati dai p.m. Baltas e Mokas, dove hanno ricevuto quel che si meritano: silenzio e rifiuto a collaborare. Il 27 aprile hanno condotto il compagno Hristos Tsakalos nel carcere di Koridallos per un appuntamento simile, ma egli s’è rifiutato addirittura di vedere le loro facce. Ha invece reso pubblica la seguente lettera:

– traduzione dalla versione in spagnolo: culmine.noblogs.org/post/2011/05/07/carta-de-hristos-tsakalos/

Oggi, mercoledì 27 aprile, notifico in via ufficiale alle autorità giudiziarie che non mi “molestino” ancora con le continue e ripetute citazioni a comparire per i loro interrogatori, in caso contrario riceveranno da parte mia la Negazione diretta e “verticale” in faccia, oltre ad un disprezzo di fatto.

Non condividerò nemmeno un attimo di dialogo con i miei giudici. Come ho già ripetutamente detto, non riconosco i loro procedimenti e mi rifiuto di legittimarli, sia eticamente che politicamente, con la mia presenza. Ho la coscienza chiara e non dichiaro nulla dinanzi ai dignitari dello Stato. Gli unici che giudicheranno le mie azioni saremo io stesso, la gente ribelle che sceglie di coinvolgersi nel “delitto” della libertà e la stessa storia.
Mi rifiuto di presentarmi davanti ad essi, ammanettato ed accompagnato dagli spavaldi incappucciati della EKAM e dell’Antiterrorismo, per prender parte della farsa che hanno messo su.
Al contrario: la mafia giudiziaria che si prepari per gli appuntamenti che avrà con il proprio destino storico. Perché questi son tempi in cui per i funzionari giudiziari, oltre al denaro ed alle promozioni ad incarichi più elevati, la ricompensa può essere anche una forte pioggia di pallottole o una potente bomba nelle loro auto. Non è una minaccia, si tratta semplicemente di una annotazione su fatti che potrebbero accadere.
Oltre a questo, cogliendo l’occasione di esprimere il mio rifiuto pubblico di conversare con i dignitari giudiziari, voglio dire un paio di cose sulla gangrena giudiziaria che cerca, come un’epidemia, di attaccare i circoli antiautoritari. Nell’osservare lo sviluppo degli interrogatori si giunge ad un’evidente conclusione: il potere giudiziario funziona per lo Stato come la Santa Inquisizione per la chiesa cristiana nel medio evo.
Non vi sono dubbi in merito ai processi che si terranno: non si tratta solo di processi contro alcune organizzazioni rivoluzionarie, come la
Cospirazione delle Cellule di Fuoco, ma della persecuzione penale di tutta una parte della corrente combattiva dell’ambito antiautoritario.
Queste persecuzioni penali sono dettate dalla volontà sbirresca dello Stato, che fabbrica con frequenza delle assurde montature contro gli anarchici che lottano e con lo scopo di criminalizzare l’elemento più attivo dei circoli sovversivi.
E’ un processo di intercettazione degli elementi più combattivi e pericolosi, per ostacolarne la mobilità permanente e la possibile connessione/associazione con le imprevedibili situazioni che scaturiranno in vista della crisi economico-sociale.
Per ottenere i suoi propositi, lo Stato s’è sforzato di dimostrare che esiste una rete armata anarchica collegata o con l’
Organizzazione Rivoluzionaria Cospirazione delle Cellule di Fuoco o costituita da alcune organizzazioni terroriste autonome e “anonime”, senza che abbiano mai effettuato delle azioni (com’è il caso dei compagni di Salonicco : D.Dimitsiadis, M.Tsilianidis, F.Fessas e S.Tsifkas, il caso dei 6 compagni arrestati il 4 dicembre). Ovviamente, le autorità giudiziarie giunte all’apogeo della prestazione di servizi allo Stato non hanno esitato nel porre in carcerazione preventiva l’anarchico Dimitris Hadzivasiliadis per il semplice possesso di armi (è stato catturato durante un controllo casuale, mentre aveva con sé due pistole), “supponendo” che avesse l’intenzione di utilizzarle per “compiere atti terroristici”. La verità schiacciante è che è stato arrestato per le sue idee anarchiche, già note agli archivi della polizia durante la sua precedete detenzione.
Tuttavia, l’immolazione giudiziaria non termina qui. L’attuale sindrome fiscale che ispira i funzionari giudiziari sta spazzando tutto un tessuto sociale dai contatti con alcuni “sospetti terroristi”. Amici e quelli che si relazionano con gli imputati sono fermati, schedati ed infine arrestati (
D.Mihail e S.Adoniou del caso del 4 di dicembre). Naturalmente, sorte eguale attende amici e conoscenti dei membri di organizzazioni ed individualità anarchiche che si sono assunti la responsabilità politica delle loro azioni.
Questi ultimi sempre più spesso vedono come i propri amici e conoscenti, che non hanno nulla a che vedere con le accuse per le quali vengono giudicati, sono fermati, con foto che decorano le prime pagine dei giornali (come K.P. durante gli ultimi arresti contro la
CCF o K.S. per il caso dell’anarchico Rami Sirianos) ed a volte arrestati (come l’anarchico Panagiotis Masouras ed altre persone nel primo caso delle CCF, gli anarchici Hristoforos Kortesis, Sarandos Nikitopoulos e Vagelis Stathopoulos per il caso di Lotta Rivoluzionaria).
Come se tutto ciò non bastasse, il totalitarismo giudiziario fa dei passi più svergognati della stessa arbitrarietà poliziesca. In certe occasioni, se non ci sono relazioni d’amicizia se le inventa (il caso dell’anarchico
H.Politis), mentre in altri casi basta la semplice coincidenza di un cognome (il caso dell’anarchica F.Meyer) a condurre i contemporanei ispettori Clouseau a delle situazioni di confusione tragicomica quando mischiano gli impossibili scenari della “connessione genealogica” con l’organizzazione rivoluzionaria RAF. Allo stesso tempo, quando la menzogna in rivalità con l’arbitrarietà non è sufficiente, allora ecco la “vetrina” della scienza per confermare l’alibi dello Stato (caso dell’anarchico A.Seirinidis in carcere preventiva ed accusato di aver sparato al cellulare degli antisommossa, con la prova contro di lui che consiste nel DNA trovato in una mascherina chirurgica raccolta nella zona di Eksarhia).
Infine, non s’è nemmeno abbandonata la “vecchia e nota arte” delle accuse prefabbricate e “gonfiate”, com’è il caso dei compagni
fratelli Anastasiadis (il caso dell’ateneo “Nadir” a Salonicco) o del fittizio scenario della rapina (il caso di Psahna nell’isola di Evia, primo caso in cui si arrestano delle persone e le si accusa di rapina senza che avessero con sé armi o denaro). Naturalmente a preparare la carica a questo “colpo di stato” ci pensa l’avanguardia dei “processi televisivi” giornalistici. Se non ci fossero stati i media a preparare il terreno, il sistema giudiziario non avrebbe potuto applicare così sfacciatamente la sua brutalità, e forse sarebbe anche stato ostacolato dalle “voci di protesta democratiche” da parte di alcuni “portatori di progressismo”.
E’ piuttosto caratteristico l’arresto dei 6 nel dicembre scorso. I funzionari al sevizio della menzogna si agitavano davanti alle telecamere e dagli studi tv dicendo che i sospetti (che per essi sono già “colpevoli”) fossero membri della
O.R. Setta dei Rivoluzionari. Infatti, il primo giorno non hanno esitato nel “riconoscere” uno degli arrestati nel compagno G.Tsironis ricercato e con una taglia sulla testa (il caso dei “rapinatori di nero”, in cui sono anche accusati Marios Seisidis e suo fratello Simos, al quale i maiali della polizia hanno sparato alle spalle e per la grave ferita i medici hanno amputato la gamba. Forza compagno!).
Quando tutto è divenuto come uno scenario da fiction, i giornalisti hanno detto: “Nessun problema…” ed hanno servito una nuova “verità” sui collegamenti con l’
O.R.CCF. Una verità messa in scena e che la società di telespettatori (con la stessa facilità delle precedenti versioni) s’è bevuta, dicendo “Grazie” ed andando a dormire più tranquillamente del giorno precedente, più obbediente per il giorno successivo.
Chi non può esser condannato in termini reali, che sia condannato nella maniera spettacolare presso l’altare rituale dei media. Attualmente, solo nel clima generalizzato di eccezione diretto dai giornalisti si può montare così comodamente “il teatro della giustizia”.
Perché oggi più che mai la persecuzione penale non cerca delle individualità “colpevoli”, ma sta cacciando l’immaginario generale del Colpevole collettivo, puntando ai circoli antiautoritari e sovversivi. La confusione delle accuse, l’ambiguo complesso legale che permettere di processare delle mere “intenzioni”, gli arresti basati sul “certificato della prudenza sociale” ed i vaghi decreti costituiscono una formula che include tutto. Sembra che le autorità giudiziarie dicano: “In ogni caso sei colpevole…”

Io stesso, essendo “coscientemente colpevole” per aver dichiarato la mia appartenenza all’organizzazione rivoluzionaria Cospirazione delle Cellule di Fuoco, non mi sono atteso nulla dai nostri persecutori. Sono stati proprio all’altezza dei soldi che ricevono e della loro dignità.

Quando ci siamo lanciati come CCF in una guerra senza limiti contro il Potere ed i suoi dignitari, c’era da aspettarsi che i nostri nemici ci propinassero la punizione senza cercare un altro pretesto.
Tuttavia, ciò non m’impedisce di parlare. Inoltre, non mi sto rivolgendo ai piccoli dittatori delle autorità della magistratura né ai loro capi incravattati, né agli spiritualmente mutilati dei servizi di polizia, nemmeno ad una società che al posto del cuore ha un mazzo di chiavi, chiavi della macchina, chiavi di casa, chiavi di cancelli, chiavi d’intelletto, chiavi d’emozioni, e chiudi, chiudi, chiudi alle proprie paure, facendo tacere gli schermi e sorridendo alle vetrine.

Mi sto rivolgendo ai nonsottomessi ed indomabili spiriti della nostra epoca, alle piccole minoranze che non si piegano, alle persone che pensano liberamente, alla gente ribelle, ai lupi che si sono salvati dai cacciatori. Non possiamo permettere che il vento si plachi, perché dentro di noi migliaia di piccoli fuochi continuano ad incendiare la nostra ribellione.
Le nostre azioni devono parlare con sempre più forza, gridare di più perché da solo “nessun verso mobiliterà le masse, nessun verso farà crollare i regimi”. C’è bisogno di lotta, lotta, lotta.
Lotta che include grida e slogan nelle manifestazioni, lotta che include molotov che bruciano, lotta che include pietre e vernice, lotta che include armi, granate a mano e bombe, lotta che include matita, penna e libri, lotta che include incendi e cospirazioni, lotta e sempre lotta.
Per concludere, ricorderò i nostri persecutori che la loro giustizia l’ho scritta sotto le mie scarpe più vecchie. Conosco le sentenze dei processi che non si sono ancora tenuti, conosco le decine di anni con le quali saremo condannati. Lo so, però non chinerò la testa di fronte ad essi. Siate certi che ci tratterà di battaglie molto dure.

In merito alla mia descrizione personale, da parte dei media e degli ufficiali giudiziari, quale “dirigente esecutivo” dell’organizzazione, gliela restituisco in faccia. Proprio perché essi hanno appreso a funzionare con superiori e subordinati, devono sapere che la Cospirazione della Cellule di Fuoco non ha capi né seguaci. La nostra unica autorità, il nostro unico principio è la nostra coscienza.

Il presente testo che si consideri come una scintilla in più per la dura e non negoziabile lotta che porteremo avanti per giungere alla convivenza politica ed alla creazione di collettivi politici all’interno delle carceri.
Siamo giunti alla conclusione che il totalitarismo democratico stia lanciando uno dei suoi attacchi più nascosti, come un pugno di ferro all’interno di un guanto di velluto. Sia noi membri della
CCF, ma anche altri compagni, abbiamo vissuto il nobile regime del moderno “isolamento politico”, perché siamo sparsi in tutti gli angoli della Grecia: Kerkyra, Komotini, Grevena, Malandrino, Domokos, Thiva, Trikala, Koridallos. La gran parte di noi è stata messa in “sezioni di protezione” ( dove si trovano i soggetti più miserabili del carcere: infami e violentatori), per farci perdere così qualsiasi contatto sociale, e caricarci con misure disciplinari, non appena pestiamo queste spazzature umane con le quali condividiamo la sezione.
Naturalmente non sto dimenticando la condizione di isolamento che subiscono i membri di
Lotta Rivoluzionaria nel modulo ST di Koridallos ed il mio appoggio è scontato, malgrado e ben oltre i disaccordi politici che ci sono.
Questa lotta per finirla con qualsiasi isolamento e per dar vita a dei collettivi politici di convivenza è il primo passo di un cammino più lungo verso gli indeterminabili fossi della ribellione.
Concludendo, prenderò in “prestito” un paio di parole: “
Ed i giudici, non appena egli entrò, si chinarono e parlarono tra essi. E gli chiesero: Siete in tanti? Ed egli, non si sa se per caso o per rispondere, mostrò ad essi la moltitudine all’esterno, dietro la finestra. Ed i giudici gridarono: Per cosa abbiamo bisogno di altri testimoni? Ed allora si ricordarono che una volta, molti anni fa, quelle parole erano già state pronunciate. E furono presi da una tremenda paura.

Dedicato ai miei fratelli, i compagni della Cospirazione delle Cellule di Fuoco: G.Tsakalos, O.Ikonomidou, P.Argyrou, G.Polydoros, M.Nikolopoulos, H.Hadzimihelakis, G.Nikolopoulos e D.Bolano. Lo stesso, invio il mio saluto da compagno ai vecchi compagni della FAI (informale) ed agli anarchici messicani del FLT (ELF). I miei pensieri vanno ai compagni del “caso bombas” in Cile, che sono in sciopero della fame.

Viva l’o.r. Cospirazione delle Cellule di Fuoco
Viva la Federazione Anarchica Informale/Fronte Rivoluzionario Internazionale

Tsakalos Hristos
Membro di CCF

 

 

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