Atene – Lettera di Giorgos Karagiannidis

* actforfreedomnow

# cenere

I fatti sono più o meno noti: il 17/1/2011 è iniziato il processo per alcuni degli accusati di aver partecipato all’organizzazione rivoluzionaria Cospirazione delle Cellule di Fuoco. Dal suo inizio è diventato ovvio che la democrazia ha deciso di imporre le proprie condizioni, usando la presenza dei compagni come occasione per colpire in due campi: il primo per dividere il legame degli accusati con i solidali nel tentativo di sminuire e depoliticizzare il processo e il secondo per arricchire i fascicoli del DAEEB (Autorità per la gestione dei crimini speciali di violenza).

La diretta reazione degli accusati è stata di ritirarsi – spontanea e decisiva – ed ha mostrato che noi non intendiamo tollerare il totalitarismo democratico.

Anche se questa nostra mossa, come quelle che sono seguite, ha inizialmente creato confusione e ha bloccato lo sviluppo del processo, ha portato ai limiti la nostra collaborazione di accusati, a causa della grande eterogeneità, visto che siamo individui con posizioni, personalità e opinioni diverse.

Questo ovviamente in nessun modo cancella l’importanza della battaglia che è stata fatta, visto che è stato il primo tentativo di rispondere, in un’aula giudiziaria, con forza e determinazione, ai ricatti della democrazia. Per quanto innegabile e storicamente forte è la presenza e la difesa politica in aula, è anche innegabile che essa non è l’unica proposta politica, visto che ogni azione – nella storia dei processi politici – ha il rispettivo peso. I discorsi rivoluzionari non si esauriscono nelle aule giudiziarie ma soprattutto nelle conversazioni di quelli che li dicono.

Nonostante gli errori e le debolezze questa lotta ha costituito un’esperienza preziosa nella direzione della resistenza alle condizioni distruttive imposte nei processi politici. Un’esperienza che necessita di essere capitalizzata, in vista della prossima folla di casi che andranno a processo nel periodo che segue, mirando all’inversione del clima nei tribunali speciali.

Tenendo presente quanto sopra, ritengo che si sia capito perché insisto nella mia decisione iniziale di abbandonare il processo, anche se le “prove” del mio coinvolgimento sono già cadute dalle prime udienze. Ritengo che l’asse della solidarietà tra “dentro” e “fuori” sia la punta di lancia del nostro contrattacco. Questa decisione ovviamente riguarda questo processo e non necessariamente i prossimi così come – senza comunque escludere questo – ogni decisione futura sarà presa insieme ai fatti.

P.S. Calorosi saluti a tutti quelli che si oppongono alla testardaggine del nostro tempo, e scelgono di esprimere la loro solidarietà in tutti i modi, dando senso alle parole.

Giorgos Karagiannidis

1° braccio della prigione di Korydallos

 

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