* http://actforfreedomnow.blogspot.com/2011/01/etter-of-olivier-in-jail-on-remand-in.html
trad. Cenere
Riassumendo: “Nessuna libertà per i nemici del potere”, ci hanno detto.
Noi diciamo “nessuna pace per i nemici della libertà”
Olivier
Prigione La Santè
21.01.2011
Non siamo in prigione per delle scritte sui muri
Siamo stati arrestati per strada, nel distretto di Belleville, dalla BAC (brigata contro la criminalità). Due pattuglie giravano sapendo cosa stavano cercando. In una borsa, i poliziotti hanno trovato uno spray e le nostre dita erano un po’ troppo scure per i loro gusti. La sosta nella stazione di polizia non è durata molto, quanto basta per i poliziotti di giocarsi i loro vecchi trucchi, per pressarci a parlare. Nel pomeriggio del 13, alcuni della SAT-Criminal Brigade (sezione antiterrorista della brigata anticriminale) ci hanno presi, sorridendo. Poi è stato abbastanza chiaro che le scritte sul muro erano solo dettagli insignificanti, un pretesto per prenderci. Prima di ciò, perquisizioni domiciliari per aggiornare i loro fascicoli, per fare un po’ di casino. Negli uffici, note ben visibili ci informano delle denunce della Croce Rossa. Abbiamo capito subito. Già nella stazione di polizia del ventesimo distretto i poliziotti parlavano di una riunione speciale tra di loro dopo una chiamata dal 36 Quai des Orfevres circa il danneggiamento di alcuni locali della Croce Rossa a Parigi, nella notte tra l’11 e il 12 Gennaio. Altre scritte erano state fatte sul tribunale, nel decimo distretto. La Sezione Antiterrorista allertata per delle scritte? C’è qualcosa che non va. La notte del nostro arresto, le scritte riguardavano messaggi solidali con la rivolta delle ultime settimane in Tunisia, Algeria, contro lo stato, democratico o dittatoriale. Così ci hanno chiesto informazioni su questo, ma anche sulle scritte delle notte prima, dicendo che il messaggio era lo stesso (è vero che alcune persone mostrano la loro ostilità verso lo stato) e che l’espressione “Morte allo Stato” era stata rinvenuta in entrambi i casi.
Oltre a questi fatti specifici, ci hanno incolpato per la nostra continua attività politica, la nostra partecipazione alle lotte, e le relazioni d’amicizia e di complicità nate durante queste lotte. In questo contesto, la prigione per punire una violazione del controllo giudiziario che vietava, per due di noi, di vedere e comunicare, lo scopo di distruggere tutte le forme di lotta e organizzazione, al di là del quadro informale democratico e del suo controllo sociale.
La cospirazione criminale come accusa, anche se non è formalmente menzionata nel nostro caso rimane l’ossessione di chi giudica questi fatti, anche se “banale” come dei graffiti, fumogeni, manifesti per fissarli nel modello “anarco-autonomo”. Una buona pratica, per ogni forza separata, terrorizzando gli altri, mettendo da parte possibilmente i “leader” dei “seguaci”, “teorici” e “attacchini” o “raccoglitori” e “performers” inserendoli in un modello autoritario e gerarchico è ciò che di questa società stiamo combattendo, e ciò che ci disgusta in ogni modo. Questo modo di fare pressione, in un periodo dove le lotte contro i centri di detenzione e tutte le forme di confino, per esempio, sembrano segnare il passo, agisce come “misura di precauzione” per stroncare sul nascere qualsiasi tentativo di conflitto conto ciò che ci domina. Le denunce periodiche della Croce Rossa prendono parte pienamente in questa offensiva poliziesca, non perdendo l’opportunità di collaborare con essa. Mano nella mano nella gestione delle prigioni, mano nella mano nella soppressione delle lotte antiautoritarie. Un po’ di vernice per questi umanitari con le mani rosse, non è un grande prezzo da pagare. Oltre alle pratiche particolari e ai mezzi usati nella lotta (visto che si ne fa riferimento: anche fuoco, distruzione di obiettivi, semplice danneggiamento, occupazione collettive), è la lotta stessa e quali sono i desideri e le prospettive (un mondo senza sfruttamento, senza denaro, senza prigioni, senza stato) che vogliono soffocare. Questo è la conseguenza di uno stato e di “leggi d’emergenza”. La libertà e la democrazia non hanno nulla in comune. Chi dice l’opposto deve essere un bel bugiardo. A farli incazzare è la nostra rabbia, la nostra rivolta e le nostre lotte che non mendicano nulla. Allo stesso modo le nostre amicizie, le nostre affinità non sono negoziabili. La libertà che vogliamo è senza condizioni.
Uno slogan della rivolta a Kabylia dice:
“Non potete ucciderci, siamo già morti.”
Lo stato può sbatterci in galera, ma le relazioni sociali esistenti sono già ingabbiate.
Una cosa che non dobbiamo dimenticare: abbiamo una sola vita.
Riassumendo: “Nessuna libertà per i nemici del potere”, ci hanno detto.
Noi diciamo “Nessuna pace per i nemici della libertà”.
Olivier