fonte: http://actforfreedomnow.blogspot.com/2010/12/letter-from-comrade-christoforos.html
Sette mesi dopo il mio arresto ben pubblicizzato in TV, e non solo, e il delirio delle autorità e dei reparti dell’antiterrorismo, sono ancora detenuto per avere fatto parte di Lotta Rivoluzionaria. Sono convinto che la persecuzione contro di me sia ben definita, con l’ovvio l’obiettivo di criminalizzare il movimento politico a cui appartengo, i miei compagni e i miei amici, e allo stesso tempo per banalizzare e terrorizzare le parti più ampie della società che sono in lotta, o che sceglieranno di resistere alla corrente condizione economica e sociale di oppressione, imposta con un ritmo sempre più intenso.
Per chiarire la mia posizione, dal primo momento del mio arresto mi sono dichiarato anarchico. Mi rifiuto di rinunciare alla mia identità politica e alla mia coscienza con cui per anni ho partecipato liberamente insieme a centinaia di compagni alle lotte sociali. Mi rifiuto di rinunciare ai miei compagni e alla mia amicizia, come con altri compagni, con il combattente anarchico Lambros Foundas. La prova “evidente” che mi incrimina è la persecuzione contro di me, ovvero una mia impronta digitale su un opuscolo politico a casa di Lambros Foundas, assieme ad una visita a casa di un mio amico e compagno co-imputato. La mia richiesta di rilascio è stata rifiutata perché la suddetta impronta digitale, e anche un’altra, sono parti fondamentali delle prove: un’impronta di un mio co-imputato su un oggetto degno di sospetto, un dvd di un film americano.
Da quando è illegale possedere e scambiare opuscoli con un contenuto politico antiautoritario? Da quando le visite alle case di amici sono proibite? Quale fervida immaginazione ha potuto considerare la casa in Nea Filadelfia, dove ho abitato stabilmente, come un covo? Ma siamo seri. Per chi ha dimenticato o non sa, vietare alle persone di uscire dopo le 22, di radunarsi in gruppi di tre o più, di distribuire liberamente opuscoli con un contenuto politico, appartiene ad altri regimi compresi quelli che loro definiscono democratici.
Il mio rifiuto di dare un campione di DNA è frutto solo del mio pensiero politico e non è valutato o dettato dalla paura di dimostrare la mia colpevolezza, come il suo essere implicito. Ovviamente mi rifiuto di cooperare con le autorità e il meccanismo repressivo nel loro tentativo di fare un data base biologico con dei fini ovvi.
A questo punto voglio chiarire che non condivido la logica del vittimismo, da quando non ho illusioni riguardo la democrazia, né riguardo l’equità della Giustizia. Come anarchico non condanno nessuna forma di lotta – manifesti, azioni di controinformazioni, testi politici, occupazioni, proteste, azioni dinamiche, espropri, guerriglia urbana – che storicamente è stata scelta e usata dal popolo in lotta (anarchici, comunisti, gruppi sociali che resistono).
Non darò alle autorità alcuna informazione della mia vita personale e nessuna impronta delle mie relazioni con i compagni e delle mie scelte politiche.
E si è allargato il carosello del bersagliare non solo alcune persone ma ultimamente il concetto stesso di vicinanza tra compagni e la scelta di solidarizzare. Dozzine di compagni del movimento autoritario sono stati chiamati come testimoni sempre per gli stessi motivi (impronte digitali sui libri, cd, porta e finestre…adesso nelle case degli amici dei compagni imprigionati per aver fatto parte di Lotta Rivoluzionario) culminati nel rinvio a giudizio di altre quattro persone tra amici o familiari degli arrestati.
L’attacco del regime, rappresentato dall’«antiautoritario» PASOK (partito di governo) seguito dagli altri partiti, ovviamente non ha come bersaglio solo il movimento anarchico, ma la generale esplosione ad opera della larga parte della società come una salutare reazione alla miseria economica (tagli a stipendi e pensioni, centinaia di licenziamenti) e alla completa degradazione della dignità umana. L’immagine del violento trattamento riservato a ribelli, disoccupati, lavoratori, (i presidi dei lavoratori nell’acropoli e fuori i ministeri) non è un caso isolato o un incidente fortuito da parte della brutalità poliziesca.
Lo stato non ha solo l’arma repressiva (centinaia di nuove reclute delle forze di sicurezza) ma anche un arsenale legale. Come puoi interpretare la nuova legge antiterrorista che considera terrorismo ogni azione sindacale (con particolare riguardo all’unione di base e non ovviamente a quella “militante” del GSEE – confederazione generale dei lavoratori della Grecia), la partecipazione alle proteste di piazza e che reintroduce l’anonimato dei testimoni – questo ricorda a qualcuno i collaboratori incappucciati e con gli indici tesi? Chi esattamente compie l’infame “dogma securitario” vuole proteggere tramite la polizia le città e i quartieri, se non il sistema stesso? E chi intenzionalmente coltiva la paura (di un imminente fallimento per il quale si suppone qualcuno sia responsabile) con il fine di ottenere un consenso sociale con piani insidiosi?
Christoforos Kortesis
Prigione di Corinto
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trad. Cenere