da “Presxs a la kalle”
Lo sciopero della fame dal 20 dicembre al 1 gennaio origina da una proposta dalle carceri, in particolare dal compagno e fratello Gabriel Pombo Da Silva, attualmente detenuto in Germania, con l’obiettivo di consolidare legami con altri rivoluzionari all’interno delle prigioni, di ricordare i compagni caduti in combattimento e di trasformarsi in partecipi attivi della lotta anche se i loro corpi si trovano ristretti dall’architettura penitenziaria.
E’ importante sottolineare questi obiettivi adesso che ci si appresta a cercare di comprendere meglio quanto accaduto. Questo sciopero non ha avuto dei punti rivendicativi, non s’è trattato d’uno sciopero ad oltranza (come quelli ai quali siamo abituati da queste parti), non aveva a che fare con una lotta contro il regime interno o la disciplina carceraria. Questo sciopero s’è basato su valori e e sulla necessità di essere agenti attivi nella lotta e non solo “esseri passivi per i quali solidarizzare”.
Questa fiducia e questa necessità nella lotta sono quelle che Gabriel e Marco hanno sempre trasmesso, ben oltre le loro specifiche situazioni (giuridiche e carcerarie). L’urgenza di partecipare alle lotte e di non rimanere come osservatori dietro le sbarre è ciò che ci ha tanto affratellati con compagni che nella pratica sono dentro l’insurrezione.
In questa maniera, la proiezione internazionalista che lo sciopero ha avuto, in primo luogo s’è caratterizzata per generare reti e legami internazionali (di quelli che tanto spaventano i poliziotti ed i giornalisti), canali di comunicazione che non sono così sonnolenti come pensavamo.
Non è possibile puntare solo a mobilitazioni affini o esclusivamente di carattere rivendicativo. Il punto è nel possibile equilibrio in ognuno e sapere quando utilizzare ogni espressione. E’ così che non possiamo criticare le mobilitazioni di carattere rivendicativo (fine delle perquisizioni, dell’isolamento, delle dispersioni, ecc.) e nemmeno quelle “affini” in cui per alcuni illusi non si “guadagna nulla in concreto”.
Falso, le decine di azioni e la comunicazione generata tra compagni (prigionieri o meno) di diversi paesi ce ne dimostrano l’efficacia per consolidare legami tra rivoluzionari di luoghi distanti. Adesso, quel che importa è sapere come possono mantenersi vivi quei canali di comunicazione/pratica e che non soccombano con il tempo e con i colpi repressivi.
Per ora, possiamo concludere… e dire al caro Gabriel che sì è possibile avviare un progetto informale e decentralizzato di carattere internazionale, così l’hanno dimostrato le diverse azioni (d’ogni tipo, senza creare il feticcio della violenza quale metodo unico) che sono avvenute; che le dimostrazioni di sostegno hanno cercato di alimentare a vicenda sia fuori che dentro. Abbiamo spezzato delle catene ed il cammino insorgente inizia ad intravvedersi chiaramente come una possibilità concreta di scontrarsi con lo Stato-Capitale, da un’ottica globale. Pertanto, queste giornate sono esercizi per stringere tutti i nostri legami…
L’interesse nel ricordare con la lotta la caduta in combattimento del Mauri ci ha pervasi di profonda allegria ed emozione, così come sapere che non siamo pochi noi che vogliamo pugnalare l’oblio e premere il dito nel grilletto della memoria insorta.
Il bisogno imperioso di organizzarci e di poter allacciare relazioni con altri compagni di posti diversi è una lezione lasciataci da queste giornate. In particolare, per mostrare una proiezione informale su come mobilitarci. E’ questo il germe, è giunta l’ora di mostrare gesti concreti per materializzare tale proiezione.
In particolare, nel territorio cileno la solidarietà s’è concretizzata in esplosioni, fiammate, verniciate, preoccupazione e diffusione. Ogni compagno che ha avvertito un reale bisogno di solidarizzare/preoccuparsi/occuparsi nello stringere legami internazionalisti di lotta realizza un apporto alla guerra sociale. I compagni sequestrati sono stati informati sulla mobilitazione internazionale ed ognuno di essi ha deciso il proprio cammino di appoggio. Pablo e Jubilo (Matias) hanno aderito con un digiuno completo in questi giorni. Axel, da parte sua, con un digiuno parziale… è così che con piccoli gesti si sono mostrati interessi e volontà nel non trasformarsi in enti passivi all’interno del carcere.
D’altra parte la strada è tornata ad essere uno scenario di combattimenti e di attacchi al capitale, come forma di solidarietà. Un corteo il 23 dicembre ed un presidio informativo il 29 fuori dal carcere femminile sono stati alcuni degli appuntamenti che hanno avuto un risvolto di lotta da strada. La manifestazione del 23 è finita con fermi e torture nei commissariati (pestaggi e tentativi d’asfissia ai compagni fermati). Alla fine le forze di sicurezza hanno deciso di vendicare tre dei loro, feriti durante la giornata, accanendosi su di un compagno, il quale è formalmente imputato di “porto illegale d’armi da fuoco”. In pratica lo accusano di un fucile artigianale. Il compagno è adesso libero, ma le indagini proseguono… La stampa è giunta a scrivere di “spari in una manifestazione anarchica”.
Saluti a tutti quelli che hanno affrontato faccia a faccia la repressione, con la dignità della lotta e che sono tornati ad osservare l’essenza del sistema: la morbosa violenza dell’autorità.
A CONTINUARE LA LOTTA PER LA DISTRUZIONE DI TUTTE LE CARCERI!
A RAFFROZARE LE RETI INTERNAZIONALISTE INFORMALI!
Presxs a la kalle
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