Trovati due pacchi-bomba, uno all’interno dell’Università Bocconi di Milano e l’altro al Cie di Gradisca d’Isonzo. Entrambi rivendicati dagli anarchici della Federazione Anarchica Informale (FAI), con una lettera arrivata nella nostra redazione. In passato il gruppo aveva firmato altri pacchi bomba nell’ambito di azioni dimostrative tese a non colpire le persone. Sul volantino c’erano anche le firme «Sorelle della libertà» e «Nucleo Maurizio Morales». Il volantino di rivendicazione, stando a quanto si apprende, sarebbe già stato pubblicato su un sito, avvertendo che l’attentato sarebbe solo un inizio di una nuova campagna. La Procura ha aperto un’inchiesta e
attende l’informativa della Digos di ricostruzione dei fatti e che con ogni probabilità arriverà giovedì mattina sul tavolo del procuratore aggiunto Armando Spataro.
All’Università Bocconi di Milano – Esploso solo in minima parte, l’ordigno che era regolato da un timer era composto da tre chilogrammi di dinamite ed era stato collocato all’interno di una nicchia, in uno dei corridoi di transito tra le diverse strutture del prestigioso ateneo milanese. Fortunatamente, della bomba, definita “seria” dagli analisti della Digos milanese , è scoppiato solo l’innesco. Il timer era sincronizzato per le 3 della scorsa notte: se esplosa completamente, la bomba avrebbe potuto provocare “danni ingenti alle cose”. Ad avvertire la polizia intorno alle 3.15 di notte è stato il custode della Bocconi, dopo aver sentito un violento colpo. Nel primo sopralluogo compiuto dagli agenti delle Volanti si è pensato ad un corto circuito, ma la successiva analisi compiuta dagli artificieri ha permesso di ritrovare parti di un tubo e di esplosivo non detonato. Mercoledì mattina il passaggio tra i due edifici è stato chiuso per qualche ora per consentire gli accertamenti degli artificieri, poi è stato riaperto è si è svolta regolarmente l’inaugurazione della mostra d’arte “Bag”, la nuova “Bocconi Art Gallery”.
Al Cie di Gradisca d’Isonzo– Un portafoglio imbottito di polvere pirica è esploso, senza causare danni a persone e cose, al Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia. E solo la prontezza di spirito del direttore del Centro, Luigi Del Ciello, che si è accorto in tempo dell’innesco, ha evitato il peggio. Per le modalità dell’ attentato e il confezionamento dell’ordigno gli investigatori propendono per la pista anarco-insurrezionalista. Il pacco, è stato detto, era stato preceduto da volantini di minaccia e anche per questo si teme possa rappresentare l’inizio di una nuova campagna di attentati eversivi come quella del dicembre 2003, quando pacchi esplosivi furono recapitati oltre che a Romano Prodi all’Interpol e a Eurojust. A Gradisca, ieri sera, tutto si è risolto in pochi attimi, anche se la paura è stata tanta. Il portamonete era in una busta giallastra, probabilmente spedita dalla provincia di Milano, di 25 centimetri per 15, indirizzata indistintamente al Cie di Gradisca. La busta è stata recapitata insieme ad altra posta. Quando il direttore ha aperto il piccolo pacco si è accorto dell’innesco. Ha scaraventato il portamonete a terra dove è esploso. All’interno su un foglietto una rivendicazione che gli inquirenti, secondo i quali si è trattato di un atto dimostrativo, fanno risalire a un non meglio identificato gruppo anarco-insurrezionale. Subito è scattato l’allarme. La sorveglianza interna ed esterna del Cie è stata rafforzata. Il Prefetto di Gorizia ha riunito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza che ha deciso appunto di aumentare i controlli. Preoccupazione è stata espressa dal sindaco di Gradisca d’Isonzo, Franco Tommasini.
“Francamente sono preoccupato per quanto successo ieri. Auspico e spero però che si tratti di un gesto isolato, frutto di qualche mente instabile. Sono preoccupato – ha spiegato il primo cittadino – perchè nel Paese c’è un clima difficile. Inutile aggiungere altro. Spero però che tutto finisca lì e che non ci siano altre ripercussioni. Rimane però un fatto inquietante. Come giunta comunale stiamo lavorando per tranquillizzare la popolazione. Il nostro sforzo è totale. Questi fatti però non aiutano”. Proprio la scorsa settimana molte organizzazioni umanitarie della provincia avevano organizzato un incontro con i residenti del Cara, Centro di accoglienza richiedenti asilo, una struttura attigua al Cie. “Ma là la situazione è diversa – ha aggiunto Tommasini – perchè quelle persone si possono muovere e possono avere
rapporti con l’esterno. Al Cie la situazione è esplosiva anche se in questo periodo il numero dei presenti è calato”.
Il contenuto del comunicato –
Il volantino, firmato “Sorelle in armi – Nucleo Mauricio Morales/FAI”, porta il titolo “Fuoco ai Cie”, i centri di identificazione ed espulsione. Si legge: “Due kg di dinamite porteranno rivolta e distruzione. Chi non terrorizza si ammala di terrore. Abbiamo scelto di colpire dove meno ve lo aspettate. In una fredda notte di inverno il fragore di un esplosione illumina la parola solidarietà che torna al suo giusto significato concretizzandosi nell’attacco a un avamposto del dominio, dove siu formano i nuovi strumenti e apparati del capitale, dove si affilano le armi che taglieranno la gola agli sfruttati.
L’indignazione morale per la costruzione di sempre nuovi campi di concentramento nel ‘civilissimo’ occidente di inizio ventunesimo secolo, si trasforma in azione. Non coltiviamo eroismi con questa prima azione condividiamo semplicemente i rischi che sorelle e fratelli migranti vivono quotidianamete sulla loro pelle. Che la paura cambi di
segno, siano i ricchi e potenti a tremare e voi a ballare”.