originale, in inglese: culmine.noblogs.org
trad. tomo
Saluti e solidarietà
a tutti i prigionieri di guerra che chiamiamo compagni.
Il mio nome è Jock Palfreeman, ho scontato quasi 4 dei 20 anni che mi hanno dato per aver difeso due Rom contro un attacco di 15 nazionalisti. Ero accusato dell’omicidio di uno e del tentato omicidio di un altro. Il mio caso è ulteriormente documentato su freejock.com e non voglio parlarne qui.
Per quasi 4 anni ora sono stato ufficialmente rapito nella Sofia Central Prison – Bulgaria. Le verità del mio caso censurate al pubblico bulgaro da uno stato sostenuto dai media. Rimango forte e guardo avanti ai prossimi 16 anni dal momento che so con tutta l’essenza del mio essere che ciò che ho fatto era giusto.
I Prigionieri di Guerra non sono vittime di ingiustizie come dicono i “liberali” nelle loro seghe auto-giustificative. Noi siamo nemici compiacenti dello stato capitalista e dei suoi organi.
La prigione non dovrebbe essere glorificata dal momento che un prigioniero sa che non c’è nulla di glorioso per quanto riguarda la prigione. Noi siamo quadriplegici, sordi, muti e ciechi. Ma questa è un’ammissione di successo impartita dallo stato.
Le proteste sono santificate dallo stato capitalista poiché esso sa che tutte le proteste hanno parametri e tra questi parametri le richieste delle persone sono annullate. Sarei così arrogante da presumere che molti compagni incarcerati che hanno utilizzato mezzi di azione diretta abbiano fatto così dopo parecchi anni persi di urla in cortei infiniti alla perplessità dei meschini negozianti borghesi. Infatti l’unica utilità di questo tempo sprecato nelle nostre vite è che ora capiamo che è stato sprecato.
I protestatari non vengono imprigionati poiché non rappresentano nessuna minaccia allo status quo dell’élite capitalista. In quest’ottica dobbiamo chiedere a noi stessi “perché siamo in prigione?”. Esattamente perché abbiamo rappresentato una minaccia allo status quo. La carcerazione è la conferma dello stato che minacciamo la loro legittimità a controllare le nostre vite. Per questa consapevolezza mi sveglio (quasi) ogni giorno con un sorriso. Sebbene i nostri nemici siedano ancora sul trono dell’oppressione, quel trono è scosso.
Noi come prigionieri di guerra dovremmo ricavare ulteriore forza da coloro che sono venuti ed andati prima di noi. Dagli studenti greci che hanno fissato le pistole dello stato quando hanno invaso le università ai minatori in Australia alla recinzione dell’Eureka. Ciò che condividiamo con queste persone si estende attraverso la storia cosi come i limiti nazionali o culturali ed è ciò che tutti abbiamo dichiarato “quando è troppo è troppo” nonostante la reale potenzialità di morte o cattura abbiamo tutti seguito dall’inizio la nostra coscienza.
Siamo diventati nemici dello stato capitalistico dal momento in cui abbiamo rifiutato di vivere sotto la loro sottomissione senza resistenza. Sebbene siamo in “prigione”, lo siamo sempre stati, come i compagni fuori sono tuttora. Le telecamere che riprendono le nostre vite, i file segreti raccolti su di noi, le infiltrazioni nelle nostre organizzazioni, gli attacchi polizieschi e gli omicidi, la censura e il lavaggio del cervello. L’unica differenza tra lo stato dentro le mura della prigione e all’esterno di esse è la quantità. I crimini dello stato capitalista che sono commessi contro coloro che sono fuori sono gli stessi commessi su di noi dentro ed i crimini commessi dallo stato tra le mura delle prigione puoi star certo che sono commessi anche contro coloro che stanno al di fuori. L’unica differenza è la quantità della medesima oppressione.
Specificamente sto parlando ai compagni che non sono mai stati incarcerati. Ogni attacco o provocazione che avete subito, noi la subiamo ogni giorno. Ogni volta che vi siete sentiti affamati, noi soffriamo la fame ogni giorno. Ogni volta che avete passato una notte al freddo, noi la trascorriamo ogni notte di inverno. Condividiamo esattamente gli stessi problemi dentro e fuori la prigione, ma lo stato usa la separazione in prigione per focalizzare la sua tirannia. In prigione è purificata e concentrata.
Così come condividiamo la stessa tirannia come i nostri compagni fuori, noi condividiamo anche le stesse speranze e sogni. Mi ricordo OGNI atto di solidarietà col mio caso. Il mio cuore sobbalza con gioia con ogni colpo sferrato contro il capitalismo. Canto l’Internazionale e sorrido. Perché so che non c’è una fine, se non la fine del capitalismo. Quando penso ai compagni della Cospirazione delle Cellule di Fuoco che hanno mostrato così tanta straordinaria solidarietà sento un dolore di colpevolezza nel mio cuore per il fatto che i compagni siano stati condannati così duramente per le loro azioni di solidarietà. Eppure istantaneamente il mio cuore si consola poiché so perché hanno fatto ciò che hanno fatto. So che conoscevano le ripercussioni delle loro azioni prima di commetterle. È stato con tutto il cuore e coscientemente che hanno deciso di dimostrare solidarietà nell’unico significativo metodo possibile a così tanti prigionieri di guerra.
Relativamente fuori dal contesto, mi piacerebbe evidenziare i miei problemi che mi affliggono in prigione. Sebbene il piatto della solidarietà europea sia stato mostrato (inclusa l’azione diretta) rimane ancora una totale mancanza di solidarietà o azione diretta nello stato della Bulgaria. Non un singolo mormorio di solidarietà da dove ci si dovrebbe aspettare il più. La mia proposta o idea è di esportare la resistenza da dove è abbondante a dove manca. Troppo spesso leggo di azioni solidali commesse in differenti stati in cui il problema stesso è ubicato. Ma la Bulgaria sembra essere un buco nero completo nella mappa europea della resistenza. Coi lavori incrociati degli stati europei, inclusa l’Europol, la NATO e gli affari, dobbiamo anche noi essere più preparati per contribuire alle azioni “straniere”. Dobbiamo essere più preparati a cercare il nemico oltre ad ogni confine dietro al quale si nasconde, nonostante le differenze culturali, linguistiche o nazionali. Com’è possibile che la Grecia sia sull’orlo della rivoluzione, ma in Bulgaria orde di fascisti bruciano le case dei Rom incontrastati? Ho smesso di fare la domanda “dove sono i compagni bulgari in Bulgaria?” molti anni fa. Ora chiedo: “dove sono i compagni greci in Bulgaria?”. Come può una cosa come il confine di uno stato essere un tale separatore di un movimento che dichiara di non dare valore ai confini? I nostri compagni nell’Europa orientale sono in netta inferiorità numerica. In Bulgaria non c’è resistenza al fascismo, solo le vuote parole dei “liberali” che hanno il coraggio di chiamarsi anarchici. Per quello che so, io sono l’UNICO antifascista nella prigione di Sofia, potreste pensare che sia una cosa buona, ma non dev’essere dimenticato che noi siamo i loro nemici; la mancanza di antifascisti nelle prigioni bulgare riflette la mancanza di resistenza.
Sebbene io non abbia contatti con la Cospirazione delle Cellule di Fuoco (CCF), o con la Federazione Anarchica Informale (FAI), riconosco che siano parte di un’effettiva minoranza. Mentre i “liberali” cercano di negoziare il non-negoziabile, le organizzazioni come la CCF e la FAI sono le uniche che spaventano i grassi politici. La CCF e la FAI sono le manifestazioni fisiche dei desideri di molti che sono troppo spaventati per realizzarli.
L’ovvia evoluzione è un’Internazionale Nera, per cui gli stati che tengono i nostri prigionieri di guerra sapranno che noi non saremo dimenticati come numeri in fila nell’archivio di una prigione. Così paghiamo con le nostre vite, che lo stato non dovrebbe essere reputato meno responsabile per i suoi crimini di quanto ritengano noi responsabili.
LUNGA VITA ALLA CCF, FINCHE’ IL MONDO NON SMETTA DI AVVOLGERSI NELLA RABBIA DA DENTRO LA GABBIA
Compagno Jock