# cenere
L’udienza è finita, il processo continua mercoledì 12 ottobre.
Dopo le testimonianze dei testimoni difensivi di Aris Sirinidis e gli “appelli” di Simos Seisidis e Aris Sirinidis, lo svolgimento del processo nella Mixed Sworn Court di Atene è stato completato lunedì 10 ottobre.
11 testimoni difensivi hanno testimoniato per Aris, tra i quali sua sorella e sua madre, i suoi compagni del movimento anarchico, l’autore del giornale “Kontra” Gerasimos Liondos, Giannis Serifis e la gente incontrata all’interno di vari fronti sociali. Hanno parlato della sua personalità, delle sue lotte, il modo che ha di considerare la solidarietà, ma anche il modo con il quale la solidarietà dovrebbe essere intesa da un combattente che pratica ciò che dice.
Come testimoniato da G. Liontos, questo è uno delle migliaia di processi fatti dalla polizia dal momento che hanno dei compiti preassegnati, un fatto menzionato anche in parlamento e in particolare da un politico di destra, professore di diritto penale. La polizia costantemente costruisce mostruosità e in questo particolare caso ha costruito una mostruosità al fine di trasformare le vittime in carnefici ed esonerare questi ultimi. A. Sirinidis è accusato a causa della sua solidarietà mostrata verso l’accusato S. Seisidis. Comunque, la solidarietà non è solo un diritto, è un dovere, come mostrato dall’intera storia greca. Dal tempo delle persecuzioni dei comunisti fino alla dittatura ci sono numerosi esempi di solidarietà agli accusati da parte dei loro compagni ma anche da altre persone.
Simos ha detto che questo processo sta avendo luogo al fine di giustificare il colpo alla schiena che ha compromesso la sua gamba. Come ha detto, viene processato solo per aver voluto scappare. Non cercava lo scontro, ecco perché non ha estratto la sua pistola. Se avesse voluto uno scontro, avrebbe usato la granata che aveva con sé. Non ha visto il poliziotto che gli ha sparato, né ha sentito il colpo. Per quanto riguarda il procuratore, che cerca di far credere che è possibile per una persona mirare con una pistola senza girare l’intero corpo, ha osservato che ha posto queste domande in un modo che rivela il suo voler supportare la proposta di condanna.
Aris Sirinidis ha fatto riferimento al contesto delle accuse politiche, da quando erano guerriglieri perseguitati, fino ad oggi. Chiunque si muova viene accusato al fine di terrorizzare la società in lotta. Ha fatto riferimento al significato di solidarietà, a come viene espressa praticamente, diacronicamente, e ha chiarito che per lui è impensabile non esprimere solidarietà verso un compagno e amico, come Simos Seisidis, che era bersaglio di meccanismi persecutori, anche avendo alle spalle una grande taglia, per il caso che i tribunali stessi hanno definito come una montatura (rapinatori in nero). Con questo processo, ha detto, vogliono mandare un chiaro messaggio che chiunque resista può finire con un proiettile addosso, colpito alla schiena dalle pistole della polizia. In merito alla pistola che portava, ha chiarito che l’aveva per motivi di autodifesa dai fascisti e dagli spacciatori, perché aveva avuto una intensa partecipazione nei movimenti contro lo spaccio a Exarchia. Non aveva alcuna intenzione di venire coinvolto in uno scontro armato con la polizia e non è stato coinvolto. (Sottolineiamo che le pistole di Seisidis e Arinidis non hanno sparato, come dimostrato anche dai resoconti tecnici dei laboratori di polizia).
Il processo continuerà mercoledì 12 ottobre, con le istanze della pubblica accusa e degli avvocati difensivi.