Livorno – Ecco come è stato costruito l’ordigno


Lettera bomba, una traccia dalla busta E un dipendente delle poste ricorda il plico

La busta usata per l’attentato contro la Brigata Folgore è al centro delle indagini dei carabinieri. L’involucro, pur danneggiato dallo scoppio che ha gravemente ferito il tenente colonnello Alessandro Albamonte, potrebbe conservare tracce utili per le indagini. E intanto si è capito come è stata costruita la bomba.
La bomba.
In qualche modo si sarebbe ricostruito il meccanismo con il quale è stata confezionata la busta esplosiva che ha ferito il capo di stato maggiore della Folgore. La tecnica è quella abbastanza nota e relativamente semplice della lampadina a basso voltaggio cui è stato rotto il vetro e il cui filamento è stato infilato dentro una busta che conteneva l’esplosivo, un sistema utilizzato da gruppi eversivi anche in altre occasioni.
A quel punto è stato sistemato un cavo elettrico che collegava la lampadina con uno dei poli di una batteria da 9 volt, mentre un altro cavo è stato collegato all’altro polo. I due cavi sono stati fissati a due lastrine di metallo piazzate all’interno di una molletta di legno, tra le quali è stata sistemata una linguetta di materiale isolante a sua volta collegata con il lembo che chiude la busta. Quando la busta è stata aperta, la linguetta isolante si è spostata e i due poli sono entrati in contatto, provocando l’accensione del filamento della lampadina e lo scoppio che ha ferito il tenente colonnello Albamonte.
In cerca di tracce. I carabinieri del Ris hanno raccolto con cura meticolosa i frammenti della bomba esplosa al comando della Folgore di viale Marconi e li hanno trasferiti al loro laboratorio. Non è detto infatti che, nonostante l’esplosione, la busta non riservi qualche sorpresa in positivo, magari contenendo ancora al suo interno qualche traccia che inavvertitamente potrebbe essere sfuggita agli attentatori e che in qualche modo possa condurre alla “firma” genetica di una persona, come successe per l’attentato compiuto sempre secondo la Folgore nel 2006.
Un altro elemento da considerare è il tipo di esplosivo utilizzato: potrebbe essere polvere senza fumo, la classica polvere da sparo utilizzata per caricare le cartucce, che è piuttosto potente e resistente all’umidità, ma che, pur essendo in vendita nelle comuni armerie, deve sottostare agli obblighi di registrazione per chi la acquista.
Un problema non insormontabile (basta avere un amico cacciatore) ma che non si presenta certo se si usa della polvere nera: la si può ricavare aprendo dei comuni petardi che sono di libera vendita. Questo esplosivo è però meno potente e soggetto all’umidità.
Il viaggio della lettera. Uno degli interrogativi cui devono cercare di dare risposta gli inquirenti è da dove sia stata inviata la lettera esplosiva. Sembra proprio che uno degli impiegati del centro di smistamento delle Poste di via Masi abbia ricordato con buona sicurezza di aver maneggiato quella busta gialla indirizzata al capo di stato maggiore della Folgore.
L’uomo è stato sentito a lungo dai carabinieri in caserma. Altre ipotesi di lavoro potrebbero arrivare dalla comparazione con le buste utilizzate per gli attentati in Svizzera, dove una busta è esplosa all’agenzia per l’energia atomica, e in Grecia, dove è stata individuata e neutralizzata la lettera inviata ad un carcere ellenico. Da segnalare che quella busta recava la dicitura “Eufor Firenze”. E a Firenze sono apparsi ultimamente manifestini che invitavano a “spazzare i militari dalle strade». Forse non è stato solo un caso.

fonte: stampa toscana, 03.04.11

 

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