Attenti ai fantasmi – volantino distribuito a Firenze

volantino fronte/retro distribuito a Firenze

«Dalle rive della Tunisia a quelle della Grecia, dalle coste d’Italia al litorale dell’Egitto, invisibili correnti di sensibilità riavvicinano le popolazioni ricordando loro che partecipano ad un medesimo focolaio di civiltà.
È in questo universo in riduzione — ma quanto fertile — che l’Individuo è nato e si è liberato dalla stretta collettiva…»
Georges Henein, 1957

Le cancellerie occidentali sono sull’orlo di una crisi di nervi. Il ghibli, il vento caldo che in queste settimane imperversa sulle regioni del nord Africa, minaccia di attraversare il Mediterraneo e arrivare fino a noi. Uno dopo l’altro, tutti i regimi più filo-occidentali del Maghreb sono caduti sotto l’impeto delle sue folate. Prima la Tunisia di Ben Alì, dependance del governo francese. Poi l’Egitto di zio Mubarak, succursale del governo statunitense. Ora è la volta della Libia di Gheddafi, cui il governo italiano fa il baciamano.
E già si avvertono i primi spifferi in Marocco e in altri paesi.
Costrette a fare buon viso a cattivo gioco, le diplomazie occidentali stanno cercando di far passare delle rivoluzioni ancora in corso (aperte ad ogni soluzione, dalla giunta militare all’autorganizzazione generalizzata) per semplici transizioni democratiche, fingendo di scoprire solo ora che quegli uomini di Stato fino a ieri frequentabili alleati sono sanguinari dittatori. Come se in qualsiasi uomo o donna di potere non convivesse il democratico dal sorriso suadente e il tiranno dal manganello dissuasivo; come se il passaggio da un tipo di regime ad un altro non fosse una mera questione di circostanza e necessità politica; come se l’autorità, quale che sia il colore dei suoi soldi e della sua bandiera, non si fondasse sull’arrogante privilegio dei pochi e sulla rassegnata obbedienza dei molti.
Il ghibli maghrebino ha lacerato e sollevato il velo di menzogne che avvolge le condizioni di vita universali, mettendo in mostra come fra le migliori democrazie e le peggiori dittature ci sia un legame di simbiosi fatto di reciprocità e alternanza. I regimi nordafricani caduti rifornivano le nostre case di gas e le nostre automobili di petrolio in cambio di armi con cui minacciare, reprimere e massacrare i propri sudditi. Il miliziano che oggi spara sulla folla in tumulto a Tripoli esegue gli stessi ordini dello sbirro che ieri torturava i manifestanti a Bolzaneto. Le strette di mano che suggellano storici accordi politici o grandi affari economici grondano del sangue versato per la loro realizzazione.
Le ex-colonie occidentali in Africa hanno dimostrato come l’incontro improvviso fra l’aria arida di una vita ridotta a sopravvivenza e il movimento ciclonico dei desideri repressi possa provocare tempeste imprevedibili. È questo il motivo della preoccupazione dei nostri governanti. Giunto sulle nostre sponde, il ghibli della rivolta potrebbe diventare scirocco — un vento che soffia per un periodo di tempo variabile a cui vengono attribuiti strani effetti sull’umore. Mentre la polvere sollevata può causare danni agli ingranaggi e penetrare negli edifici, l’umidità si deposita sul terreno rendendolo scivoloso. Da sciroccati, le nostre abitudini morali e i nostri codici di comportamento, tutto quel manto di vernice artificiale che ricopre la nostra sensibilità, rischiano di svanire al minimo turbinio, di spezzarsi al primo urto.
Quando ciò dovesse accadere, cos’altro avremmo da perdere se non il peso delle nostre catene?

ATTENTI AI FANTASMI
«Il mondo borghese s’indigna; ma perché scandalizzarsi per l’esistenza
di paesi in cui si pratica ancora correntemente la tratta degli schiavi, se si pensa
alla situazione in cui nelle nostre società si trovano, ad esempio, gli operai. Eterna ipocrisia…»
Africa fantasma

Sono diversi i fantasmi che si aggirano in questi giorni nei paesi del nord Africa, tanti quanti i cadaveri degli insorti massacrati per aver osato sfidare i regimi filo-occidentali che li opprimevano. Nonostante le minacce, sono scesi in strada battendosi contro esercito e mercenari. Se non hanno avuto paura, è perché si sentivano già morti. Che senso ha una vita trascorsa in ginocchio ad elemosinare briciole di sopravvivenza?
Sono molti i fantasmi che si aggirano nei paesi della vecchia Europa, tanti quanti gli involucri vuoti dei cittadini che delegano la propria esistenza ai regimi democratici che li governano. Per tutti loro, per tutti noi, viene programmata ed offerta una vita di muscoli affaticati e di occhi stanchi, di ossa rotte e di polmoni avvelenati, di giorni persi a fare la fila alle casse dei supermercati come ai caselli delle autostrade, di risvegli seguiti dal timbro al cartellino della quotidiana sottomissione e di sonni preceduti dalla dose serale di anestesia televisiva, di passioni avvizzite e di sogni infranti. Questo è quello che siamo: siamo i cuori prosciugati nel tentativo di gonfiare i portafogli, siamo gli scatti sull’attenti del modo funzionario di vivere.
E non ce ne accorgiamo. Anzi, ci ostiniamo ad ignorare il malessere che cova all’interno della nostra società, dove tutto sembra essere già detto e fatto perché si è giunti ad un certo livello di progresso tecnico. Come se un televisore al plasma o un frigorifero per altro sempre meno pieno giustificasse la rinuncia allo slancio, all’orgoglio, alla dignità. È solo a prezzo di questa alienazione che le sofferenze sopportate in ogni istante, i lavori intrapresi in ogni luogo, possono diventare normalità. Normali come le banche con i loro intrallazzi, i ministeri con la loro corruzione, le prigioni e i Cie coi loro soprusi, le fabbriche con il loro sfruttamento, le caserme con le loro guerre, le merci con le loro frodi, i partiti con le loro menzogne… Ecco perché si resta, indifferenti, a far da spettatori a quanto sta avvenendo dall’altra parte del Mediterraneo. Perché, se si rimane impassibili davanti ai vicini ordini di un Berlusconi o ai ricatti di un Marchionne, cosa volete che siano le lontane minacce di un Ben Alì o di un Gheddafi?
Sono tutti fantasmi che si aggirano per le strade, i selvaggi insorti nordafricani come gli onesti cittadini europei. Ma con una sostanziale differenza. I primi, spinti dalla loro rabbia, muoiono a migliaia perché hanno deciso di vivere.
I secondi, barricati a milioni nel loro torpore, non corrono invece alcun rischio di perdere la vita. L’hanno già persa.

Trivio dei Tumultuosi

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fonte: http://davos.indymedia.org/frmix/2011/03/80386.shtml

 

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