trad. Cenere
Mercoledì 16 marzo 2011
Le rivolte in Tunisia e Egitto sembrano aver inspirato gli insorti in molti altri paesi. Dall’Algeria al Bahrein, Iran, Libia, Yemen e Siria, molte persone si stanno riprendendo le strade per colpire i posti di lavoro, scontrarsi con la polizia, saccheggiando e bruciando edifici statali e il potere economico. E’ un vento di rivolta che sta soffiando in questi paesi, è un vento che da coraggio, un vento che porta il messaggio che nessun regime, non importa quanto sia autoritario, è inattaccabile. Nessuna povertà, nessuna oppressione è sempre al sicuro dalla devastante tempesta sociale.
Non possiamo prevedere in che direzione andranno queste tempeste, ma ciò che è certo è che in questi momenti insurrezionali tutto avviene all’aria aperta. Le contraddizioni vengono fuori davanti agli occhi di tutti, e il regime che collassa mostra l’oppressione in atto può nascondere altro.
Alcuni insorti possono ben pensare che la salvezza verrà da un regime democratico, anche se a sua volta perpetuerà l’ineguaglianza sociale e lo sfruttamento. Altri credono che è arrivato il momento di brandire le bandiere nazionali, dimenticando che i poveri non avranno mai una patria, ignari che il nazionalismo conduce sempre alle uccisioni, campioni di internamento per gli “altri”, e guerre infinite. Altri ancora possono volere l’instaurazione di un regime islamico, assoggettando chiunque alla feroce svaria, soffocando la libertà in un modo anche più insidioso rispetto agli attuali regimi autoritari.
Ma non è tutto. Molta gente si ribella perché ne ha abbastanza. Abbastanza di essere sfruttata e messa a tacere, stanca di essere povera e alla mercé dei padroni, stanca di vivere in condizioni miserabili, senza felicità o sogni. Questo “no” è certamente solo un inizio ma è un no che apre la strada, forse anche, come si può leggere già in alcuni racconti degli insorti, ad una sperimentazione di un qualcosa che è diverso dalla democrazia, dalla religione, dal nazionalismo e dal denaro. Sperimentazioni con forme di autorganizzazione tra le persone coinvolte al di là Stato, di solidarietà e mutuo appoggio tra le persone lontane da ogni sfruttamento, di liberazione da ruoli sociali imposti o prefissati. Questo è ciò che minaccia i potenti, ma anche coloro che aspirano a diventarlo: che gli insorti stanno sperimentando e diventando consapevoli di non avere la necessità dei potenti, vecchi o nuovi, dittatori corretti o “onesti” o “eletti”. Che tutto il potere, tutti i padroni li priveranno sempre di una vita libera, di un’organizzazione libera tra di loro. E’ lo spettro della libertà, che mostra la sua bellezza e la sua possibilità in questi momenti di ribellione, che spaventa tutti quelli che vogliono conservare o conquistare il potere.
Adesso, accogliamo lo spettro della libertà, distruggiamo i confini mentali tra qua e là che abbiamo costruito nelle nostre teste. Osiamo gridare forte e chiaro che non abbiamo paese, e non vogliamo alcun governo. Che cacceremo non solo gli ambasciatori di questi paese arabi in fermento dalle loro ville a Bruxelles, ma cacceremo anche tutti i politici e i tutti i padroni dalle loro postazioni. E non per sostituirli, ma per distruggerli per sempre. Il miglior supporto, la miglior solidarietà con gli insorti nel mondo arabo, è di mostrare la strada per la ribellione liberatrice.
I tribunali in fiamme
Durante le rivolte in Tunisia, 14 tribunali sono stati bruciati dagli insorti. Anche diverse prigioni sono state messere fuori uso dopo gli attacchi e le rivolte. Il nuovo ordine sta iniziando a insediarsi in Tunisia, anche se deve affrontare la resistenza tenace nelle strade (proteste, rivolte e attacchi contro banche, stazioni di polizia, supermercati, i governi vanno avanti mentre la “nuova polizia” non esita a sparare ai rivoltosi). Un concetto chiave del Ministro degli Interni è ovviamente il ripristino dell’apparato repressivo. Egli “per farlo sta contando sull’assistenza finanziaria dell’Unione Europea” che certamente non rifiuterà di supportare un altro stato che cerca di avere i mezzi per soggiogare la popolazione. In aggiunte, il ministro ha riabilitato tutti i giudici del regime di Ben Ali, che hanno dunque ripreso i loro posti.
Le barricante stanno mostrando la strada
In Algeria, uno dei punti più intensi della rivolta in corso è nella città di Akbou. La scintilla è stata la decisione del prefetto di sfrattare 495 spazi abitativi, occupati dagli inizi di Gennaio da diverse famiglie. Esse non gli hanno permesso di farlo e si sono opposte con pietre, barricate e molotov contro la polizia. Adesso, le case sono ancora occupate e nonostante gli appelli alla calma dei “saggi della comunità” gli scontri continuano e si stanno diffondendo in altre zone della città. Alcune banche, una stazione di polizia e l’ufficio di collocamento sono stati saccheggiati o bruciati dagli insorti. Sono state erette barricate sull’importante strada RN26A che unisce Vgayet a Tizi-Ouzou, con ciò si è bloccati il traffico economico, una pratica molto diffusa anche altrove nel resto del paese (Naciria, El Harrouch, Sidi Amar, Bordj Menaiel, Tzamalt). Le barricate quasi sempre portano a seri scontri tra insorti e forze di sicurezza, e poi continuano nei quartieri. Quindi, gli insorti sono capaci di sottrarre il monopolio dello spazio all’applicazione della legge, scegliendo autonomamente i loro campi di battaglia, attuando la trappola di essere catturati in uno scontro in un centrale terreno fertile per l’applicazione della legge.
Democrazia o no, è tempo di rivoltarsi
Nel sud dell’Iraq, in diverse città, centinaia di dimostranti hanno portato nelle strade la protesta contro le miserabili condizioni di vita. Gli eventi sono tutti finiti con scontri con le forze di sicurezza della “giovane democrazia” istituita dopo l’invasione delle truppe occidentali. In aggiunta, molti edifici governativi sono stati dati alla fiamme. Per qualche tempo, la tensione verso la lotta sociale (scioperi nella fattorie, cortei non controllati né dallo stato o dagli islamisti, … ) è iniziata a mostrarsi forte in Iraq, un paese lacerato dall’occupazione militare, da una democrazia poliziesca e da una guerra condotta dagli islamisti in parte contro l’occupazione ma anche contro il popolo irakeno per imporre l’islam. Lo stato ha cercato di comprare i rivoltosi arrabbiati, promettendo loro un certo quantitativo di elettricità gratuita all’anno.
Quando la gente si rivolta, l’ombra dell’autorità cade
In Libia, nonostante i tentativi del regime di Gheddafi di sopprimere immediatamente e brutalmente la ribellione, la situazione è diventata particolarmente tesa nelle città di Al Baida e Bengazi. Lì, scontri armati tra insorti e polizia causano dozzine di morti. Inoltre, le milizie mercenari del regime stanno tentando vanamente di distruggere ogni tentativo di rivolta con il terrore. Nella prigione di Bengazi, in parallelo con la lotta nelle strade, è scoppiata una rivolta, che ha permesso non solo la distruzione di una larga parte della prigione ma anche la fuga di molti prigionieri. Molti di loro si sono uniti agli insorti nell’incendiare alcuni edifici del potere, incluso l’edificio del procuratore generale, una stazione di polizia, alcune banche e uffici della polizia. Nel frattempo, al momento della pubblicazione di questo numero, la rivolta si sta allargando all’intero paese, presentando una varietà di insorti armati contro la polizia e le milizie di Gheddafi.
(Tratto da Hors Service No. 14)