* trad. dalla versione in spagnolo, su klinamen.org
Dichiariamo che oggi, giovedì 3 febbraio 2011, acuiamo la nostra mobilitazione e dal boicottaggio dal vitto carcerario passiamo ad uno sciopero della fame che durerà fino a che non otterremo il nostro obiettivo, ovvero che si smetta di registrare e conservare di dati di coloro che vogliono assistere al nostro processo, in maniera che possiamo tornare all’aula delle udienze con i nostri avvocati di fiducia.
Il fatto di non retrocedere in quel che esigiamo fortifica il nostro carattere. Come detto fin dal primo momento, non chiediamo ma esigiamo che si smetta di schedare i dati di compagni, amici e familiari, e di tutti quelli che hanno interesse di stare al nostro fianco nel momento in cui siamo processati. La gratitudine dell’apporto che costoro danno all’essenziale concetto della solidarietà e dell’appoggio ci obbliga ad assumere una posizione all’altezza delle circostanze. Pertanto, ripudiamo la decisione che il processo possa concludersi con il nostro consenso e la nostra partecipazione alle udienze: sarebbe un punto decisivo per cementare le future pratiche di persecuzione penale contro compagni nella lotta e rivoluzionari. Non accettiamo né quest’attacco contro il movimento di solidarietà, né i tentativi di isolare i prigionieri politici dopo averli processati da una sorta di tribunali militari. O terminerà il regime di terrore e di schedatura che si sta effettuando verso i solidali che vogliono assistere al processo, o dovrete processare delle sedie e dei microfoni vuoti.
D’altra parte, la dimensione del nostro caso è tale che, mentre alcuni di noi dovranno sicuramente affrontare delle pesanti condanne perché pubblicamente ed in modo aperto abbiamo rivendicato l’appartenenza all’organizzazione, altri tra noi dovranno correre il rischio di una condanna per molti anni. Quindi, continueremo ad esser ostaggi dello stato, in un regime che ci è stato imposto, all’interno di quelle caratteristiche che sottolineiamo: quella della criminalizzazione delle relazioni con familiari, amici e compagni.
Pertanto, sottoponiamo noi stessi ed i nostri corpi ad una prova, quella dello sciopero della fame, sapendo che si tratta di una lotta di resistenza dura e difficile, una lotta che non ci offre molti margini per muoverci ed agire, stando rinchiusi tra le mura. Considerando che la corte sta adottando tutte queste misure con l’intento di terrorizzare la gente solidale, concludiamo che non si tratta di una questione che riguarda solo noi, ma tutti gli imminenti processi di questo tipo che seguiranno. Sappiamo di non esser soli in questa lotta. Perciò, ringraziamo in anticipo tutti e tutte che, in qualsiasi maniera, esprimeranno la loro solidarietà verso il nostro caso.
LA VITTORIA E’ LA STESSA LOTTA
VIVA LA RIVOLUZIONE, VIVA L’ANARCHIA
Panagiotis Argyrou, Haris Hadzimihelakis, Panagiotis Masouras e Giorgos Karagiannidis