*http://actforfreedomnow.blogspot.com/2011/01/letter-from-gerasimos-tsakalos-member.html
traduzione dall’inglese: Cenere
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SIAMO RABBIOSI
Nella mattinata del 1 Novembre camminavamo nell’area di Pagkrati per agire nel quadro della campagna per la solidarietà internazionale come avevo stabilito insieme al compagno e fratello P. Argirou. A causa, comunque, della curiosità poliziesca di un’impiegata di una compagnia di spedizioni, ovvi errori personali ed il nostro essere circondati dai porci del reparto DIAS e altre forze di polizia che hanno isolato l’area, c’era poco da fare e siamo stati condotti al al piano del reparto dell’antiterrorismo del GADA (sede della stazione di polizia di Atene).
Nonostante l’immediatezza della mia identificazione, uno dei direttori di qualche dipartimento tra calci e pugni mentre stavo fermo e seduto ha urlato “È Makis”, io mi sono rifiutato di dare le mie generalità durante le prime ore, con la speranza di dare tempo prezioso per aiutare i miei compagni. Ci siamo rifiutati di dare le impronte digitali, fotografie, dna e ci siamo rifiutati totalmente di firmare qualsiasi cosa per aiutare questi porci, mantenendo l’ovvia condotta che ogni rivoluzionario dovrebbe avere.
L’interrogatorio è iniziato con le solite offese. Esse erano diminuite temporaneamente quando hanno notato il mio tatuaggio che reca scritto “Cospirazione”, esso gli ha fatto cambiare atteggiamento. Sapendo che loro volevano provare a fare delle foto per renderlo noto io ho chinato il capo per impedirglielo. Dopo la loro pretesa di condurmi nella camera di detenzione, mi hanno fatto uscire dal corridoio del 12° piano dove, tirandomi per la testa, mi hanno detto di guardare dove stavo andando. In quel momento sono stato fotografato dalla videocamera che era in corridoio. Ed è la fotografia che è stata rilasciata dopo il nostro arresto. Così inizia un interrogatorio che è continuato grossomodo 3 giorni che prendeva forma in base a cosa succedeva fuori. Irritati dalla continua ripetizione della mia risposta “Non ho niente da dire” hanno iniziato a provocarmi di nuovo con offese e provocazioni riguardo a conoscenti e non. Le domande venivano fatte in due stanze, e in una delle due, dove potevo comunicare con l’avvocato e mia madre, l’ultimo giorno un agente dell’antiterrorismo mi ha informato che in entrambe le stanze c’erano microfoni e videocamere.
Per il mio DNA, dopo l’arresto, le mie calze sono state subito sequestrate per prelevare un campione, ed anche durante il mio trasporto, mentre loro mi tenevano la testa chinata, qualcuno con guanti chirurgici mi ha tirato via forzatamente un capello, di nuovo per un campione di DNA. Il loro stress e la loro ansia aumentavano, vedendo la nostra reticenza alle loro domande, mentre allo stesso tempo fuori i pacchi bomba continuavano ad essere consegnati ai destinatari, come concordato dal piano dell’organizzazione. Le minacce aumentavano, dicevano che mi avrebbero ucciso sul monte Imitos e che mi avrebbero gettato dalla finestra se ci fosse stato qualche problema su qualche aeroplano. Ovviamente loro si riferivamo all’aeroplano che era atterrato in Italia a causa del pacco per Berlusconi. Il loro straparlare arrivò alla mia presunta presenza negli ultimi tempi in nightclub e che da lì mi avevano rintracciato, che l’impiegata della compagnia di spedizioni era morta a causa del pacco e altre falsità, cercando di creare qualcosa dal nulla.
Tutto ciò non è riportato in quanto vittima della violenza poliziesca, visto che non mi sento per nulla così, ma al fine di comunicare alcune mie esperienze personali, così se un combattente dovesse avere un momento “sfortunato”, così ha un quadro preciso della situazione che dovrà affrontare. Le minacce e la violenza da parte dei poliziotti è qualcosa di previsto e comprensibile in quanto caratteristica del loro ruolo. Peraltro, migliaia di prigionieri hanno sofferto dure torture ovunque nelle locali stazioni di polizia, ciò rende civile il loro comportamento nei miei confronti. Non chiediamo una polizia migliore o la sua umanizzazione, ma la sua assoluta distruzione tramite la scelta di un attacco continuo. Non ci sono poliziotti buoni o cattivi, ci sono solo poliziotti e l’organizzazione rivoluzionaria dovrebbe sempre attaccarli in ogni modo.
Io sono un membro della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, appartengo al movimento anarchico-rivoluzionario e di questo ne sono orgoglioso. Rappresento una nuova corrente, il Nichilismo Rivoluzionario e l’Anarchismo Antisociale. Io credo che il potere non è solo rappresentato dalle leggi, dalla polizia, dai giudici, dalle prigioni e dai politici. Né questa amministrazione è priva di responsabilità. L’esatto opposto. Tutti questi individui che occupano posizioni di potere sono una fila di bugiardi, imbroglioni, sadici, che prendono una serie di decisioni devastanti per tutti noi. Questo fatto è incontrovertibile. Chi, in ogni caso, li vota? Chi li rispetta chinando il capo? Chi li ammira e vuole somigliargli e che somiglino loro anche i figli? Chi resta passivo di fronte alle grandi ingiustizie che commettono? La risposta è solo una. LA SOCIETA’. Essa li sceglie, dà loro il potere di decidere in suo nome. E se accettiamo che ognuno può sbagliare, facendo di continuo sempre gli stessi tragici errori, a me sembra volontario. Così, anche quando la massa si lamenta riguardo ai propri stipendi, essi accettano tuttavia (e qualche voltano ricercano) i comandi tirannici dell’autorità. Essi le permettono di spiare la città con le videocamere, di equipaggiare l’esercito con nuove armi, di riempire le strade di poliziotti, di dare ordini attraverso i teleschermi, quando sarebbe sufficiente dire di NO. Un NO urlato, decisivo e pratico. No all’oppressione, no allo sfruttamento, no al compromesso. Comunque, soprattutto dietro al machismo espresso dall’autorità nei confronti delle famiglie, copre la loro codardia e il loro non voler prendere la vita nelle proprie mani. La rinuncia alla vita. Ecco perché mi dichiaro Anarchico Antisociale. Perché credo che le stesse relazioni sociali vadano sfidate continuamente, visto come sono sviluppate oggi. Rigetto tramite l’azione e la critica la massa che supporta e dipende da queste relazioni alienate. Io sono un nemico del regime e della società stessa nella sua forma attuale. La fede nella maggioranza degli oppressi, nella “assoluzione” della loro passività e il loro riconoscimento come un soggetto rivoluzionario dormiente vista l’oppressione esistente, non ci convince più. Di tutta questa massa, noi dobbiamo tramite i nostri discorsi e le nostre azioni colpire le prerogative di sottomissione che la dominano, per creare le minoranze che rifiuteranno i valori della cultura dominante tramite la Coscienza e l’Etica Rivoluzionaria. Solo attraverso la dignità, l’orgoglio e l’onore possiamo raggiungere l’obiettivo teoretico nella scelta dell’azione. Autorganizzazione, solidarietà e rabbia armano i nostri desideri. La teoria pratica della distruzione dell’esistente in tutte le sue forme, dovrebbe diventare il fine che unirà i gruppi minoritari in una prospettiva Rivoluzionaria. Siamo in guerra contro questo sistema e i suoi vassalli. Siamo in guerra con una società che è caratterizzata dalla sua fiducia nelle delusioni elettorali, dalla paura del disordine e alla fine dal terrore del cambiamento in qualcosa di nuovo, qualcosa di imprevedibile. Piccolo-borghesi, proletari, borghesi, immigrati sono differenti gruppi ai quali il potere, agendo più acutamente rispetto al cinismo che la sua oratoria possedeva negli scorsi decenni, offre la possibilità di un’evoluzione sociale. Una prospettiva auspicabile per molti, ma fattibile solo per qualcuno. Una prospettiva che calma chiunque, mantenendo la fiducia nel sistema connessa fortemente alle loro ambizioni personali. Così, disperati gruppi sociali condividono lo stesso desiderio di conservare l’esistente, facendone un caposaldo delle loro scelte.
Sicuramente con la nuova crisi economica e sapendo che essa è solo all’inizio, comprendiamo che adesso i privilegi della classe media e di quella più povera sono minacciati, è di nuovo il momento di vedere il proletariato come un soggetto rivoluzionario. Per noi l’ideologia dominante del sistema è l’economia, che conduce la massa di individui e a questi “offre” sia la promessa di abbondanza di beni materiali che la paura della povertà e della miseria. Se queste conseguenze negative saranno frutto in futuro della crisi economia avvicineranno queste minoranze al rifiuto del sistema, e questo è sicuramente qualcosa di positivo.
L’esame dell’ultimo secolo e le condizioni dopo le crisi, come quella economica che stiamo vivendo oggi, mostrano che l’insoddisfazione temporanea quasi mai si trasforma in un rifiuto totale e in una rottura. Per questo motivo noi non cerchiamo la diffusione delle nostre parole e delle nostre azioni usando come avanguardia solo le difficoltà della situazione economica, qualcosa che potrebbe essere semplicemente una fase transitoria del capitalismo stesso, ma sottolineiamo che la povertà esistente al momento è una conseguenza permanente di questo mondo.
Desideriamo creare una rete internazionale di dozzine di organizzazioni illegali e di individui, che con continui attacchi e decisioni supporteranno la diffusione di una nuova guerriglia rivoluzionaria. Lontani dai tabù che diffamano il senso e la scelta della lotta. Le molotov, le bombe, le pietre, le pistole, sono semplicemente i mezzi che il soggetto usa e le caratteristiche che egli sceglie. Quindi facciamoli nostri, e lasciamo che diventino un pezzo della multiforme e diffusa guerriglia urbana. Non crediamo negli “esperti della violenza”, nei pionieri rivoluzionari o nella gerarchia dei mezzi basata sulle conseguenze legali o sul feticismo. La coscienza e il risultato definiscono i mezzi che tu userai per ogni obiettivo. Ci sono stati, ci sono e continueranno ad esserci individui che collettivizzeranno i loro rifiuti, condivideranno esperienza, si organizzeranno in formazioni rivoluzionarie, si prepareranno e attaccheranno. Essi rifiutano totalmente il sistema esistente, rischiando la loro vita e la loro libertà per ciò che le loro coscienze e la loro dignità rappresentano. Diffondono la guerriglia urbana perché chiunque può diventare un pezzo di essa e farla andare avanti. Con coscienza, responsabilità, disponibilità e immaginazione, traendo informazioni e usando i materiali che sono largamente in commercio, si possono fare attacchi anche molto efficaci. L’aggiornamento costante delle infrastrutture materiali e tecniche, come la costante ricerca teoretica e la crescita dei rivoluzionari e delle loro formazioni. È nostro compito diventare più pratici, più diretti, più precisi e più pericolosi. Dalla teoria alla pratica, ecco cosa vogliamo rappresentare e in questo saremmo assolutamente coerenti.
Incuranti del fatto che ci sia o meno la prospettiva di un conflitto di massa contro il sistema, noi viviamo e agiamo adesso. Per la soddisfazione del nostro EGO e per la realizzazione individuale dei nostri desideri che sono collettivizzati tramite le infrastrutture della diffusa guerriglia rivoluzionaria.
Promuoviamo la creazione e l’autorganizzazione di gruppi illegali che, come punta di diamante delle loro mosse, mirano alla distruzione dei simboli materiali e dei rappresentanti del sistema. Vogliamo, inoltre, includere come parte integrante della nuova guerriglia urbana, il rifiuto a lavorare come atto inseparabile dal resto delle scelte di lotta. La rapina di banche e obiettivi capitalistici, il saccheggio organizzato nei templi del consumismo, il furto dei prodotti dai supermercati e da altri grandi negozi non è nulla di più che l’applicazione della teoria alla pratica. Ci rifiutiamo di vivere in schiavitù salariata e scegliamo un’altra vita, quella del saccheggio della ricchezza custodita dalle banche e dai ricchi e l’illegalismo in un mondo dovere l’ingiustizia e lo sfruttamento sono legge.
Le proteste dovrebbero assumere un carattere conflittuale quando è fattibile e i compagni dovrebbero sfruttare la massa di “indignati” piccolo-borghesi che affollano le proteste-funerali dei sindacati, in modo da poter provocare ingenti danni ad obiettivi che sono in punti centrali nelle strade con la tattica del “mordi e fuggi”.
Ritornare a fare barricate e superare il senso di colpa che dopo il 5 di Maggio (la protesta di massa dove l’incendio di una banca mentre ancora impiegati e clienti erano dentro provocò la morte per soffocamento di tre persone) gioca il suo ruolo di argine della violenza insurrezionale.
Con la creazione di infrastrutture illegali e l’organizzazione e la solida preparazione degli attacchi per evitare questo tipo di incidenti in futuro. La condanna generale dei mezzi della lotta non può rappresentare una chiusura mentale dietro la quale si cela il compromesso con le forme di “lotta” riformistiche che lo stesso sistema tollera.
Moltiplicare, inoltre, i gruppi rivoluzionari e portare alla ribalta della vita quotidiana la bellezza dell’azione diretta. Non arretrare nemmeno di un centimetro verso i nemici della libertà, andare all’attacco per primi con tutti i mezzi per portare la paura nei loro “covi” dai quali controllano le nostre vite.
In quanto ostaggio adesso, voglio anche dire in maniera concisa, come intendo io la solidarietà.
La solidarietà è il principio sul quale le vere relazioni dei compagni dovrebbero essere costruite e diventare l’inizio per la creazione di processi rivoluzionari. Non dovrebbe essere orientata verso il vittimizzare i prigionieri e limitarsi alla condanna dell’arbitrarietà poliziesca. Inoltre è la logica di alcuni anarchici avere l’ansia di approcciarsi alla decadente maggioranza sociale scegliendo la posizione indolore della difesa al fine di diffondere certi casi di prigionieri anarchici. Sicuramente ci sono montature e casi dove le relazioni tra individui vengono criminalizzate, questo, comunque, non significa che il nostro ruolo di rivoluzionari è concentrarci su questo senza aggiungere nulla. Noi siamo rivoluzionari, non avvocati i cui discorsi si limitano alla legale arbitrarietà dei poliziotti e dei giudici. È soprattutto questo il loro ruolo. Dovremmo anche considerare la solidarietà come una situazione chiaramente amichevole, che tuttavia ci porta spesso non al giudizio dei casi o della condotta dell’arrestato, ma a considerare se egli è benvisto o conosciuto dal movimento. In questo modo, gli individui con un comportamento dignitoso che non sono, comunque, conosciuti, o stimati dagli altri vengono dimenticati sull’altare di quelle relazioni “privilegiate”. La solidarietà dovrebbe essere un agire aggressivo lontano dal tipo di amicizie che non possono essere la prerogativa per la mobilitazione delle persone riguardo a un caso. Perché in questo modo torniamo ai modelli e alle relazioni che riproducono la cultura dominante e non l’antiautoritarismo rivoluzionario. Per me la solidarietà è un invito costante alla lotta, è la continuazione e lo sviluppo dell’azione rivoluzionaria per la quale i compagni vengono catturati.
Essa è un attacco costante contro il sistema e la società, un atto dove le parole prefabbricate, innocente, colpevole, non servono. Perché come rivoluzionari è nostro dovere essere sempre colpevoli nei confronti di questo sistema, sempre dannosi e sempre fieri delle nostre scelte. Non veniamo perseguitati per le nostre idee, ma perché ci sembra poco non tramutarle in azione.
In conclusione, voglio ripetere cosa ha scritto la nostra organizzazione, e io sono pienamente d’accordo, lontane da noi le “iene della solidarietà”. Questa squallida minoranza che come spine permanenti è parassita del movimento e dei suoi processi. Essi diffondono voci e gossip in “assemblee” nei bar, o tramite i loro telefonini, essendo indifferenti al fatto che così mettono a rischio le persone, trasformando in un gioco la condizione di segretezza dell’esistenza di una infrastruttura o la realizzazione di un’azione. L’irresponsabilità e i residui di periferia conducono questi individui a fare il gioco della polizia, visto che infatti queste conversazioni conducono a tale esito. Un recente esempio è la gestione dell’incidente del 5 Maggio da una parte del movimento. Un atto che io ovviamente condivido, l’incendio della banca, che però è stato eseguito nella maniera peggiore e ha provocato il triste risultato di tre morti. Alcuni anarchici, influenzati ovviamente dalla tattica dei Media, hanno trasformato gli anfiteatri in “corti di tribunale” delle quali essi erano presidenti, conosciuti come la feccia del movimento anarchico, e i loro “verdetti” si univano alle ricerche dei poliziotti per trovare le persone. Ecco perché la nuova generazione del movimento anarchico è stata presa di mira, quando il loro unico “errore” è stato girare le spalle a tutti questi anarco-padri degli anfiteatri, organizzarsi da soli, mescolarsi nelle strade, vivere le esperienza che ti rendono un vero nemico di questo sistema e che ti fanno passare all’attacco. A tutti questi viscidi politicanti diciamo un’ovvietà, questo comportamento non è stato dimenticato, ecco perché essi non dovrebbero nemmeno avere il coraggio di avvicinarsi al caso della Cospirazione o di presentarsi in tribunale per qualsiasi motivo. In caso contrario ci sarà un incontro faccia a faccia lì o altrove. Quei pochi seguaci che vogliono essere come loro dovrebbero farsi sfottere e dare spazio a molti nuovi individui con un sano modo di pensare e con la dignità rivoluzionaria di agire.
Con questa spiegazione ulteriore tutti capiranno che io non mi sto riferendo all’intero movimento anarchico/antiautoritario, ma a una miserabile minoranza di spie e pettegoli. Chiunque crede che noi siamo contro le azioni di solidarietà per i combattenti prigionieri, probabilmente non ha mai letto i nostri comunicati. Comunque tramite la mia azione come una voce del Coordinamento d’Azione dei Combattenti Prigionieri, o tramite i comunicati della nostra organizzazione, le questioni dei prigionieri erano e sono la nostra discussione giornaliera e hanno un peso importante nel nostro pensiero. Perché chiunque dimentica i prigionieri dimentica di conseguenza la guerra stessa. Dunque, Io rispetto gli anarchici che usano differenti mezzi, ma basati su sani processi rivoluzionari, agendo dando forza a tutti noi che siamo qui e allo stesso tempo provocando la rottura con il sistema esistente. Le azioni che promuovono la solidarietà aggressiva le supporto assolutamente, visto che le considero il miglior punto di partenza per la nascita e lo sviluppo delle percezioni e dei processi.
Infine, mando il mio rispetto e la mia amicizia ai gruppi armati Rivoluzionari-Nichilisti che hanno movimentato la situazione nelle ultime proteste ad Atene e verso di loro alzo il mio pugno da dietro le mura. Saluti di guerriglia alle organizzazioni della nuova guerriglia urbana e ai furiosi compagni di Salonicco e della Periferia, che dimostrano che nulla è finito, bensì che una nuova guerriglia urbana ha ora inizio…
NIENTE MENO CHE IL TUTTO
LOTTA PER LA RIVOLUZIONE
RISPETTO E SOLIDARIETA’ AI GUERRIGLIERI DELL’ORGANIZZAZIONE 17 NOVEMBRE E AI PRIGIONIERI POLITICI E NON CHE AGISCONO CON DIGNITA’
SIAMO IN GUERRA
Gerasimos Tsakalos
Membro della Cellula dei Membri Prigionieri della Cospirazione delle Cellule di Fuoco