Cile – Comunicato dal carcere della compagna Andrea

Compagni, amici, fratelli, famiglia,

è trascorsa una settimana dallo show mediatico dell’aggressore di donne, l’onorevole procuratore Peña (allusione ad una denuncia per violenza domestica nei confronti del Marini cileno – ndt). Sono stati giorni duri, lontani dalla mia famiglia, vedendo in TV uno spettacolo da fantascienza, legalizzato attraverso udienze che hanno solo dimostrato quanto poco efficiente, irrisorio e scarsamente credibile sia la giustizia dei ricchi.

Tutto è iniziato sabato 14 agosto, alle 6.50 di mattina. Mentre dormivo assieme al mio compagno ed alla mia piccola figlia ho sentito un rumore che mi ha fatto pensare ad un terremoto. Invece no, erano agenti del GOPE che… perquisivano il luogo in cui abito. E’ stato tutto molto violento, mentre picchiavano, bloccavano e ammanettavano il mio compagno, io e la mia piccola avevamo le armi puntate addosso. Molte grida, gli sbirri esasperati ci dicevano: “tranquilli, collaborate… non muovetevi, non parlate… non rendetelo difficile”… in quei lunghi secondi ho pensato che quegli sciagurati mi avrebbero ucciso con la piccola tra le braccia… non capivamo di cosa si trattasse… noi chiedevamo loro che si calmassero, che ci mostrassero l’ordinanza di perquisizione, quali erano le accuse… Non c’era una ragione per tutto quel trambusto… chiedevamo che non ci puntassero le armi, che ero con la mia bambina… abbiamo cercato, una volta bloccati, di farli calmare e che ci spiegassero cosa stava accadendo… appare un sbirro, simile agli altri, armato fino ai denti, chiedendomi il nome, gli dico chi sono e mostra una faccia soddisfatta nel sapere chi sono… tutto era molto stupido, sapevano perfettamente che stavo lì, sapevano dove lavoro, i luoghi in cui mi muovo, li avevo visti, erano troppo evidenti… circa due mesi fa è arrivato un RP chiedendo di me alla casa dei miei suoceri (luogo in cui abito) con la scusa che io ero “vittima di VIF”, era evidente che la persecuzione che durava da anni non era terminata, quella strana visita aveva il solo scopo di confermare il mio domicilio. Non voglio mostrarmi come vittima, ma non c’è nulla che spiega la violenza del puntare un’arma contro una bambina di soli 11 mesi di vita, quest’azione è quanto meno disprezzabile e senza alcuna giustificazione.

Alle 7.45 entra il Capitano…, colui che era a capo della perquisizione e degli arresti. Solo allora le cose si sono calmate un po’… agenti della scientifica con la tuta bianca si rinchiudono nella camera da letto in cui dormo con la mia famiglia (camera che, come il resto della casa, è stata perquisita più di 6 volte) e si sono portati via libri, il computer, i nostri telefoni ed un infinito numero di cose che a dire il vero non capisco quale funzione potrebbero avere all’interno della denominata “OPERACIÓN SALAMANDRA”. Mentre perquisivano ognuna delle camere della casa, ci filmavano, scattavano foto… il capitano mi dice che il mio arresto s’inquadra all’interno delle indagini effettuate dal commediante procuratore Peña, il famosissimo caso bombas, indagini che vanno avanti da 4 anni, con 4 procuratori che si sono succeduti, con arresti che non hanno condotto a nulla, che si basano solo sulla dichiarazione di uno schizofrenico, narco-trafficante e violento contro le donne, chiamato Gustavo Fuentes Aliaga, alias “el grillo”. Le accuse con di me sono: “trasporto di ordigni esplosivi e associazione illecita terrorista“.

Tra le 9.30 e le 10 mi trasferiscono al 33° commissariato in cui “gentilmente” mi riceve un maggiore degli sbirri (senza alcuna identificazione) che a grida mi chiede il nome e mi minaccia con: “adesso vedrai che questo non è un gioco”… la situazione iniziava a rendersi pesante quando vedo i “miei amici” anch’essi lì… la stampa… gli sbirri con faccia ilare… la verità è che la situazione era troppo… cercano di sottoporre la mia mano ad un esame alla ricerca di tracce d’esplosivo, ma io mi rifiuto perché lì non era presente alcun avvocato… lo show continuava, altri giornalisti, altri sbirri, altra gente…

Ci trasferiscono (in quel luogo eravamo già in 10) al controllo degli arresti. Lì compaiono come denuncianti sia la procura che il ministero degli Interni, come giudice c’è donna Alejandra Apablaza la quale non solo non ha tenuto in considerazione le nostre istanze, ma ha lasciato le indagini aperte fino a martedì 17.

Vengo condotta alla sezione di alta sicurezza del CPF (centro penitenciario femenino) di Santiago, isolata dalle altre detenute. Il martedì, all’udienza di convalida degli arresti, s’è associata come denunciante la chiesa cattolica, dopo che la preparazione del programma di polizia che aveva pronto Peña ci mostra le “prove” con le quali siamo accusati di associazione illecita terrorista. Conversazioni telefoniche che non dicono nulla rispetto alle solite chiamate che si possono avere tra conoscenti, video che si trovano in Internet (realizzati a partire da programmi TV), pennini, manifesti… tutte cose pubbliche in possesso di chiunque. Dicono che siamo un’associazione illecita e che ha un struttura “informale, orizzontale e democratica”. Che i capi sarebbero Pablo ed il Garza. Tutti gli altri avremmo una posizione orizzontale, senza capi intermedi né alcun altro incarico. Si dice che il nostro obiettivo è l’eliminazione del capitale, della borghesia, della chiesa e di qualsiasi tipo di dominio… il tutto con soli 300 pesos cileni. Si è mostrato in maniera sadica e machiavellica l’immagine del corpo del Punky Mauri dopo l’esplosione… e così via senza alcuna logica se non quella di arrestarci, cercando di chiudere lo spazio solidale verso i prigionieri politici, gli spazi contro-culturali (alcuni di essi definiti dalla procura come “centri di potere”) e di tutto ciò che è contrario al governo, al sistema ed al potere. Ho sempre pensato che con l’ascesa al potere di Piñera tutti i contrari al governo fascista dell’imprenditore sarebbero stati colpiti, ma non ho mai immaginato che ciò avvenisse con artifizi così stupidi, così volgari. Di fatto le prove sono così rozze e grossolane che non mi sorprenderà se questa lettera venisse considerata come un’altra prova contro di me. Sono tante le cose nella mia testa, sono tante le idee, è tanta la rabbia e tanto l’amore… sequestro è la parola che ho in mente, sono un’altra sequestrata,… mi allontanano dalla famiglia e dagli amici solo per essere quel che sono: una che è convinta dell’idea, una ferrea solidale, una che pensa, una che critica… effettivamente, come ho letto qualche volta: “la solidarietà è un’arma potente” ed è ovvio che la temono. Quando ho conosciuto la lotta mi sono innamorata di lei. Potete parlare di follia, ma è la mia bellissima follia… lotto per l’emancipazione, amo la libertà con tutto il mio essere, con tutta la mia forza…

Mi resta solo (per il momento) inviarvi molto newen (forza, in lingua mapuche – ndt), ringraziandovi per ciascuna delle dimostrazioni di affetto e di sostegno. Vi chiedo di tenere gli occhi aperti, perché non finisce qui, è evidente.

Un abbraccio forte, stretto e fraterno ad ognuno di voi.
SOLO VIVE CHI LOTTA, E NOI SIAMO PIU’ VIVI CHE MAI! (anche questo l’ho ascoltato da queste parti)
SOLIDARIDAD AKTIVA Y EFEKTIVA!!!
SOLIDARIDAD INTERNACIONAL.!!!


Andrea Urzúa Cid P.P S.E.A.S. C.P.F 21 agosto 2010

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