sciopero della fame 20 dicembre – 1 gennaio
Ho deciso di aderire alla proposta di uno sciopero della fame nelle date comprese tra il 20 dicembre e il 1 gennaio. Non è la prima vota che adotto questa forma di lotta e forse mi ritroverò a ripetere cose che ho già scritto in passato, ma voglio che i motivi che mi spingono siano inequivocabili.
Non sto chiedendo nulla a chi mi mantiene prigioniero. Dal mio nemico non mi aspetto niente di diverso da ciò che finora ha sempre solo fomentato la mia rabbia e rafforzato la mia risoluzione a combattere.
Non sto chiedendo la pietà di nessuno. Sono io che non posso che compatire chi ha barattato la propria libertà con la sicurezza, salvo poi accorgersi di essere stato truffato.
Non sto chiedendo la solidarietà dai compagni e dalle compagne fuori.
Risparmiate le vostre energie ed investitele in modi migliori. Io non voglio prendere da voi, ma dare, sommare la mia forza alla vostra per scagliarci ancora contro il nemico.
Rinchiusi nelle galere, isolati persino dagli altri detenuti, il potere sogghigna soddisfatto pensando di poterci neutralizzare, di riuscire a privarci dalla libertà, spera forse addirittura di piegarci, ammansirci, addomesticarci.
Si sbaglia, ancora non ha capito che ci sono animali che non si lasciano mettere al guinzaglio e che non c’è mossa più incauta di spingerci in un angolo con le spalle al muro.
La mia voce trema di gioia, non di tristezza mentre urlo ancora la mia rabbia e ne sento l’eco nelle voci di Fratelli e Sorelle.
Un urlo per Mauri che il 22 maggio di quest’anno è morto. Non ha “perso” la vita, se l’è ripresa nel momento in cui ha deciso di lottare con ogni mezzo.
Un urlo per Marco, Gabriel e tutti e tutte gli altri rivoluzionari attualmente in galera. Non ci hanno tolto la libertà, quella appartiene solo a noi e nessuno sarà in grado di strapparcela finché continueremo a lottare.
Un urlo per Diego, ancora latitante. I tuoi passi sono i miei passi ed il tuo urlo che può risuonare negli spazi aperti mi riscalda il cuore.
Un urlo per i fuochi di rivolta in Cile, come in Grecia od in altre parti del mondo. Se differenti lingue ci separano, la passione che ci anima è la stessa e le nostre urla risuonano della stessa voce.
La solidarietà è un’arma, ma solo quando si trasforma in benzina da gettare su quei fuochi di rivolta che la repressione vorrebbe vedere spenti.
Un compagno libero