L’ultima azione esplosiva in Cile è stata rivendicata dalla Banda Dinamitera Efraín Plaza Olmedo, ecco quel che i compagni anarchici cileni scrivono su di lui:
Efraín Plaza Olmedo
nota biografica da Liberación Total
Efraín Plaza Olmedo: falegname e anarchico, leggeva scrittori come Max Stirner e gli piaceva scrivere, autore del testo “Cercati un revolver”.
Credeva nell’azione individuale come forma di combattimento nella lotta contro il capitale e lo sfruttamento. Credeva anche che si dovesse esser armati in ogni momento, è per questo che nel 1909, a 23 anni, si comprò un revolver. Nell’inverno del 1912, Efraín si recò nel centro di Santiago del Cile con l’evidente intenzione di ammazzare qualche borghese. Sparò contro due rappresentanti della la classe alta, ammazzandoli. Poi cerò di darsi alla fuga, ma fu fermato dai cittadini che cercarono di linciarlo, mentre lui gridava: “Ho la soddisfazione di aver vendicato gli oppressi”.
Durante l’interrogatorio affermò che “egli pensava che solo con mezzi violenti poteva cercare di rimuovere l’attuale stato di cose”.
Inoltre aggiungerà che il revolver l’aveva comprato “per dare la morte al Presidente Pedro Montt e ad alcuni capi militari responsabili della mattanza della Escuela Santa María”.
Pedro Montt, che era stato presidente del Cile, era il responsabile diretto di quella mattanza, ma da diverso tempo se n’era andato in Europa, per cui Efraín non poté ammazzarlo.
Dopo la sua azione, la stampa e l’opinione pubblica si addentrarono nel sempre attuale dibattito sulla violenza. Alcuni anarchici, per mezzo del periodico “La Batalla”, diranno: “Fratello! Gli idioti ti chiamano assassino e noi ti chiamiamo giustiziere”. Invece i pompieri della rivolta, quelli che sempre cercano di smarcarsi parlando delle condizioni, lo catalogarono come un deviato mentale, dicendo che il suo modo d’agire rappresentava un individuo con una estrema sensibilità verso gli abusi del potere.
Durante il processo il procuratore, chiedendo al giudice di condannarlo, afferma che:
“L’imputato reo Plaza Olmedo mantiene la sua dichiarazione in cui confessa di essere l’autore del duplice crimine (…) che uscì di casa con il revolver in tasca deciso ad ammazzare un borghese (…) che dopo la mattanza degli operai di Iquique, avvenuta tempo prima, aumentò la sua indignazione la catastrofe nella miniera ‘El Teniente’ e per questo decise di attaccare la borghesia per vendicare la classe operaia. Insiste nel fatto che il crimine è stato commesso con tutta la premeditazione e ripete che le sue idee sono anarchiche”.
Verso la metà del maggio 1913, Efraín riceve una condanna a 20 anni di carcere, oltre delle pene accessorie per ognuno degli omicidi, con l’attenuante della irreprensibile condotta anteriore, che gli ha impedito la condanna a morte.
Una volta in carcere, Plaza Olmedo continuerà con le sue azioni di protesta. Una serie di comunicati inviati ai suoi compagni de “La Batalla”, informavano che il direttore lo costringere ad assistere alla messa della domenica dopo averlo fatto ammanettare e picchiare dai gendarmi. Ciò nonostante egli non lasciava che il prete pronunciasse una sola parola, insultando sia lui, che i gendarmi e il giudice. Di ritorno in cella, continuava con gli improperi contro il sacerdote ed il giudice, per cui cercavano di ammanettarlo mani e piedi, ma lui resistiva colpendo a sua volta i carcerieri.
I suoi costanti disordini sfoceranno in innumerevoli conflitti. Cercò di propagandare il suo ideale anche tra gli altri reclusi. Gli scioperi della fame e le sommosse si moltiplicarono, così come i reclami di fronte alle autorità della Penitenciaría de Santiago. Per questo venne punito con una reclusione solitaria e senza diritto a colloqui per 4 anni. In seguito fu trasferito alla Penitenciaría de Talca, per spezzare i legami con i suoi compagni. Ma l’appoggio ad Efraín da parte della stampa anarchica e da individualità aumentò.
Il movimento militare dei giovani ufficiali dell’esercito, con la sua svolta a sinistra del gennaio 1925, nel tentativo di guadagnare simpatie operaie, dichiara l’indulto per Efraín. La prima domenica di marzo 1925, esce dalla Penitenciaría de Talca all’età di 39 anni, con 13 anni di prigionia politica e 56 mesi d’isolamento totale alle spalle. Al giornale Acción Directa dirà: “Il carcere non mi ha afflitto, compagni! Io ho sempre vissuto al margine del dolore nel carcere”.
Da allora parteciperà attivamente alle mobilitazioni degli inquilini di Santiago, per un ribasso degli affitti e per il miglioramento delle condizioni di vita dei settori popolari urbani.
Il 27 aprile 1925 un corpo viene rinvenuto ai margini della strada per Conchalí, vicino ad un canale e sotto un robusto salice. Era Efraín Plaza Olmedo. La stampa anarchica affermerà: “Suicidio o assassinio? Non ci interessa. Ad ogni modo additiamo il capitalismo, additiamo lo Stato, come i grandi responsabili della morte di quest’uomo che con la sua parola ripiena di bontà e d’amore e con la sua azione rivoluzionaria ha fatto vacillare i loro interessi bastardi”.