Marcelo dal carcere di Neuquén: “Mauricio Morales Vive, La Guerra Sociale continua!!”

Son già trascorsi 3 mesi da quella notte del 22 maggio quando il compagno anarchico Mauricio Morales è morto per l’esplosione dell’ordigno che aveva con sé e che avrebbe dovuto collocare davanti alla Escuela de Gendarmería, sinistro servizio penitenziario, nel quartiere della avenida Matta, nel centro-sud di Santiago del Cile.

L’impatto della notizia è stato così grande che gli echi di quell’esplosione hanno continuato a risuonare in modo forte e senza sosta in diversi luoghi del mondo, provocando situazioni d’ogni tipo ma, soprattutto, mettendo in evidenza l’inevitabile crudezza acquisita dallo svolgersi della tanto negata guerra sociale nell’odierno Cile.

Non è stato facile per me poter riunire le idee e le riflessioni contenute in queste righe. Sono tanti i sentimenti che mi fanno oscillare tra l’ardente e illimitata passione e il fine e penetrante raziocinio, il quale cerca e riafferma una verità: il profondo amore per la vita degna e l’altissimo prezzo che dobbiamo pagare per essa ogni volta che ci ribelliamo con il corpo, il cuore e la mente. E’ per questo che dalla mia attuale condizione di prigioniero-ostaggio dello stato-capitale ma, ancor di più, da orgoglioso Sovversivo Autonomo e Libertario vorrei dire:

1) La morte fisica di Mauricio si riduce alla sola scomparsa del suo corpo e niente più, perché da quel giorno la sua vita, il suo simbolo, il suo darsi senza limiti, senza scuse né timori, s’è moltiplicato nella coscienza e nell’azione allo stesso modo delle idee che l’accompagnano.

Ancora una volta e con l’incommensurabile potenza d’un Rivoluzionario convinto, diviene reale il fatto di sapere che oggi sono centinaia le persone nel mondo che prendono il suo posto per continuare il cammino tracciato da migliaia di uomini e donne che hanno fatto delle proprie esistenze un meraviglioso canto di resistenza all’obbrobrio, di appello costante a prendere il controllo delle nostre vite, di consegna illimitata sapendo che spesso in questo percorso ci scontriamo con le perversioni più disumanizzanti nei confronti delle quali il potere cerca di spezzare lo spirito indomito di noi che il discorso dell’azione lo parliamo con i fatti e non con il chiacchiericcio di agitatori-istigatori e i loro logori slogans.

Dire che oggi Mauri è greco, catalano, uruguaiano, che è mapuche, italiano, argentino o basco… non è un mero trucco di delirante sintassi, bensì è un modo d’esser giusti con il sentire espresso da compagni e compagne di luoghi diversi e, allo stesso tempo, è una forma di rompere con l’incosciente settarismo di quelli che ritengono che per averlo riconosciuto hanno un qualche grado di proprietà su un caro fecondo.

Non solo ma oggi, a dispetto della sua soggettività, posso dire che tanti e tante di noi che non siamo stati suoi amici e nemmeno compagni diretti nell’affinità colpiti dal dolore di una morte repentina e accidentale, ce lo portiamo dietro dappertutto, come impronta indelebile nella nostra potente memoria di resistenza, rivendicandolo con forza come un lottatore generoso. Noi ci affratelliamo nella fondamentale coincidenza di sapere che nel combattimento diretto contro lo stato-capitale non ci sono tregue né tempi d’attesa, senza giustificazioni che valgano ad evadere la responsabilità storica nel fronteggiare un così demenziale ordine sociale.
Mauricio è per strada vivo e libero, assieme a quelli che lottano, ai perseguitati, a quelli e quelle che sono lontani/e, con noi che siamo prigionieri, con tutte e tutti noi che viviamo nella cruda realtà di scontro, senza schivare nulla, guidati da un forte istinto proletario, superando così qualsiasi pratica spettacolare pseudo-sovversiva del circo libertario.

2) La caduta di Mauricio è avvenuta in un contesto di innegabile guerra sociale e di crescente ribellione dinanzi al mostruoso lusso dei ricchi che non cessa d’aumentare. Non è un caso che il suo corpo sia deceduto a pochi metri dalla scuola della Gendarmería, in quanto la netta coscienza dell’esistenza di questa fabbrica di carcerieri e la necessità di attaccare una delle principali reti di punizione, isolamento e sterminio di proletari, rende conto della sua solida disposizione offensiva che travalica i limiti di svariate e inconsistenti teorie del conformismo che, mimetizzate dietro un ventaglio di linguaggi e simbologie, cercano di egemonizzare il controllo delle nostre menti per neutralizzare così le
continue rivolte quotidiane in cui viviamo immersi come individui ribelli e insorgenti, capaci di attivare senza attendere ordini da parte di nessuno, alimentati da un’incessante sete di giustizia.

Mauricio è il risultato collettivo di quei nuclei sovversivi che son cresciuti, silenziosamente, come da una scuola di vita per combattenti popolari, estendendo pratiche sociali d’organizzazione radicale, cospirazione, sabotaggio e diffusione dell’ideale libertario.

E’ di quei militanti che appartengono alle comunità di idee che verso la metà degli anni ’90 e in completa autonomia hanno insistito nella costruzione dall’orizzontalità, rompendo con le logore logiche di dipendenza organica da super-strutture fittizie dai nomi magniloquenti che non attraggono più nessuno, radicate nell’impotente cultura di una vecchia sinistra che non è altro che la sinistra del capitale, fraudolenta pantomima, inoffensiva dissidenza. In tale sforzo senza soste c’è stata la convergenza di diverse sensibilità e micro-culture di resistenza con l’apporto di tutti noi che vediamo e viviamo l’anticapitalismo da una stessa trincea nel campo popolare cileno.
Sono stati anni di ricostruzione sovversiva tra lo scoramento di massa del “non si può”, l’ostile incomprensione dei codardi progressisti e la persecuzione continua dello stato che non riposa alla ricerca dell’eliminazione totale dell’antagonismo proletario. In questa maniera e concordemente con tutte le lotte e gli sforzi effettuati per liberarci dal giogo capitalista del Cile degli ultimi 19 anni la guerra sociale è oggi una realtà così evidente come i raggi di sole che c’illuminano e che a volte non ci scaldano come vorremmo.

Militarizzazione della regioni del su del Cile in risposta alla crescente lotta del popolo mapuche. Investimenti milionari in tecnologie e risorse per rafforzare lo stato di polizia e neutralizzare così la protesta sociale. Criminalizzazione potenziata della gioventù popolare marginale, facendo del Cile il secondo paese dopo gli USA con il maggior numero di prigionieri in relazione alla quantità di abitanti. Indurimento delle norme giuridiche che regolano le cosiddette “libertà individuali” a favore della preservazione della proprietà privata, l’ordine pubblico e la pace sociale dei ricchi. Impunità garantita ai membri delle forze di sicurezza che ogni giorno torturano, reprimono, assassinano… mentre tutto il rigore della legge è riservato a chi si ribella. In definitiva il capitale e il suo raggiustamento borghese social -fascista, nel Cile della concertazione, ci hanno dichiarato guerra dal primo giorno e quelli che oggi hanno ostato affrontarli sono stati diffamati, perseguitati, sequestrati, stigmatizzati, assassinati. Per difenderci con dignità, per cercare di vivere liberi, senza padroni né schiavi, continueremo ad utilizzare tutte le armi che la vita e le diverse esperienze di lotta lasciato come apprendimento collettivo, come
incessante ricerca di un cammino di liberazione sociale tante volte vituperato con il sangue proletario dei nostri compagni caduti.

Che lo sappiano Mauricio, la sua famiglia, i compagni e gli amici… che lo sappiano lo Stato e quelli che lo difendono e lo mantengono… che lo sappiano i ricchi ed i lori sicari guardiani… che lo sappiano i sinistri conformi alla normalità capitalista che trafficano con la storia della lotta dei popoli… che lo sappiano i nazisti, i fascisti, i patrioti… che lo sappiano quelli che a tradimento si sono venduti per alcuni pesos, per salvarsi dalla prigione, per la paura… che lo sappiano i fratelli e le sorelle mapuche, i nostri amici e compagni che lo sappiano: è finita la ricreazione e la tranquilla quotidianità dei nostri carnefici… è terminato il festino prolungato e la loro immacolata onnipotenza; è terminata la loro pretesa impunità perpetua… non è una spavalderia, questo è un fatto, un impegno rinnovato per tutti quelli che non ci sono, per quelli di ieri, per quelli che verranno…

Per tutti i Mauricio, per l’incontenibile desiderio di essere e di vivere
emancipati, liberi e selvaggi…

Per la distruzione di tutte le prigioni, per il comunismo, per
l’anarchia:

fino a che ci sarà miseria ci sarà ribellione!!

Marcelo Villarroel
Sepúlveda, prigioniero libertario d’origine cilena,
dall’Unidad Nº11 de Neuken, Patagonia Argentina, fine agosto 2009

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