trad.tomo
Questa è la traduzione di una lettera molto importante che descrive gli attuali metodi repressivi che lo stato greco cerca di stabilire. E’ scritta da Christos Kolentinis, un anarchico ventiduenne arrestato l’8 luglio 2011 fuori da un concerto che si è trasformato in una mini-rivolta contro la polizia fuori dal Politecnico ad Atene. Di più su questo caso su contra-info. alcune informazioni sull’invasione poliziesca a Resalto, menzionate sotto, possono essere trovate su Act for Freedom.
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Un aggiornamento da dentro concernente il mio caso e i suoi recenti sviluppi. Uno sguardo sui criteri usati per giustificare la continuazione della mia detenzione.
Sono in prigione dal 23 luglio nelle segrete dell’alienazione nell’ala A di Korydallos. Durante la notte di sabato 9 luglio, mentre stavo tornando dal concerto auto-organizzato della stazione radio 98FM al Politecnico, interrotto per le rivolte, all’angolo tra via Bouboulinas e via Tositsa sono stato arrestato dai pretori della democrazia greca quando una squadra di polizia si è lanciata su di me senza alcuna ragione. E’ cominciata la loro sadica furia e come risultato sono finito in ospedale per due settimane nella Croce Rossa e nell’ospedale St. Paul a Korydallos, con gravi ferite alla testa e al corpo. La mia stessa vita era in pericolo per colpa del rifiuto degli sbirri di portarmi in ospedale e mi hanno tenuto per ore nel GADA (la questura ad Atene), con la mia testa aperta e continuamente sanguinante. Dopo tutto ciò, son venuto a sapere ciò per cui mi accusavano: possessione e lancio di materiale esplosivo, resistenza contro le autorità, insulti e disturbo della quiete pubblica.
Sono già da 5 mesi in custodia. La mia domanda di cauzione è stata rifiutata dopo la proposta contraria dell’accusatore Giorgos Voulgaris e la decisione del giudice inquirente Maria Anastassi Tolia.
I criteri elencati concernenti la continuazione della mia detenzione:
1) “Perché lui -senza alcuna ragione- ha cercato di bruciare persone“. Tutto ciò su cui si basa questo giudizio sono le testimonianze di due poliziotti antisommossa, prese come elemento che prova che l’ho fatto davvero. Intanto, gli unici elementi effettivi che hanno sono le bottiglie trovate e raccolte da via Tositsa. Secondo le parole iniziali del giudice inquirente, il mio rilascio era garantito nel caso in cui non fossero trovate le mie impronte digitali su di esse. Alla fine, nessuna impronta digitale è stata trovata, ma la mia detenzione continua.
2) “Perché non ha mostrato alcun rimorso“. Così, un giudizio basato sui miei procedimenti per tentato omicidio e falsa testimonianza, più specificamente, dice: “Lui ha gravi reati registrati contro gli agenti di polizia per tentato omicidio e falsa testimonianza. in altre parole non ha mostrato alcun rimorso per il fatto che ha cercato di bruciare persone“. A questo punto, l’assurdità tocca il suo apice. La conclusione del mio diventare penitente per qualcosa che non ho fatto è certificata dal caso attribuitomi, una distorsione completamente irrilevante e folle. Distorcono la realtà per coprire i loro aguzzini. L’unica cosa certa è che non avrò rimorsi per nessuna delle mie scelte nella lotta e per ciò che sono. Questo è in ogni caso il perché sono accusato.
3) Il terzo criterio dichiara: “Siccome è stato arrestato in passato per azioni simili”. Intendendo che loro possono caricare le accuse con un’incriminazione del passato che non è ancora stata accertata nel processo. Così, hanno tirato un’altra accusa come una pretesa per coprire la loro insufficiente impostazione del caso. E come se tutto questo non fosse abbastanza, hanno audacemente continuato con la caratterizzazione di un tono offensivo nei miei confronti, culminato con: “L’imputato ha perorato i suoi studi per essere rilasciato, anche se per la nostra opinione avrebbe dovuto pensare ai suoi studi prima di commettere i reati per cui ci sono serie indicazioni che fanno pensare che possa aver addirittura avuto un ruolo di spicco”. Per quanto concerne questo ruolo di spicco, esso risulta piuttosto dalla mancanza di qualsiasi prova di alcun genere, il che ha condotto i poliziotti ad assegnarmi addirittura un ruolo dominante nella loro favoletta, come altra pesante accusa.
Dopo il rifiuto della mia richiesta per cauzione, abbiamo chiesto un appello alla Corte d’Appello. La risposta è arrivata qualche giorno prima, negativa naturalmente. Ciò che sembra paradossale qui, è che la loro sceneggiata continua a costruirsi con nuove aggiunte. Questa volta, dopo che hanno aggiunto il fatto che sono stato arrestato ancora in passato, hanno evidenziato e sono andati nei dettagli con la seguente frase: “E’ stato arrestato per reati simili nell’infame residenza di Keratsini, Attica, che ha guadagnato ampia attenzione dai media”. Il mio precedente arresto concerne naturalmente l’invasione della polizia nello spazio autogestito Resalto e ora è usato per colorare il mio presente caso, come aggravante.
Sono determinati a costruire una miserabile calunnia contro di me, con indizi ingannevoli, elementi inventati e testimonianze falsificate, per tenermi isolato quanto basta. Sono chiaramente accusato per la mia identità politica. Le loro direttive e le loro strategie sono contro questa identità, contro di me e contro ogni combattente. Il ruolo degli statisti contro persone che hanno scelto e aderito al cammino della libertà, è apertamente ostile ai nostri valori, cercando di cancellare qualsiasi cosa connessa a loro.
I loro metodi operativi e meccanismi sono accentuati contro tutti coloro che possiedono una furia combattiva. Prefabbricati per l’intrappolamento dei nemici del potere, per intimidire ogni parte della lotta ed ogni genere di resistenza alla segregazione della vita. Mentre la razzia repressiva cresce e le prigioni sono talmente piene da scoppiare, contiamo già dozzine di compagni anarchici nelle segrete della democrazia.
Tuttavia le accuse e le intimidazioni non fermeranno la resistenza né acquieteranno gli spiriti agitati, non faranno altro che intensificarli. E la fiamma diventa più grande. Non riusciranno mai ad isolare le nostre idee e non ce la faranno mai, le enormi mura che hanno eretto tra di noi diventano rovine di fronte a loro. Quando troveremo noi stessi, combatteremo per realizzarle, la nostra lotta senza fine per le nostre passioni e i nostri desideri.
Armati di solidarietà e viva impetuosità come attività vaste e produttive, scappare dalla grande prigione e mettere fine ad una disgustosa era piena di vergogna, solo essendo dannati dopotutto si è persone. Delineando la nostra entità col caos e appagandola con un senso di assoluta libertà, la Terra troverà di nuovo la sua forma naturale e gli umani loro stessi.
Mirare ad un combattente significa mirare alla lotta. I tentativi di intimidazione non ci spaventano, ci fanno infuriare, non abbiamo mai piegato la testa e non lo faremo ora.
Anarchia ora e sempre
Christos Kolentinis
Ala A, Korydallos