trad. dalla versione in spagnolo su: liberaciontotal
L’avvocato Ragousis ha consegnato ai giudici, durante l’udienza del 20 aprile del secondo processo per il caso Halandri, la lettera di Athina Tsakalos, madre dei fratelli Gerasimos e Christos. Lei era presente in aula, ma s’è rifiutata di farsi interrogare. Presentiamo la lettera per intero (noi traduttori abbiamo aggiunto la fonte delle citazioni). La lettera non è stata letta durante l’udienza, il presidente della giuria ha solo anticipato che “la aggiungerà agli atti”.
LETTERA DI ATHINA TSAKALOS
“AL TRIBUNALE
“Ogni gesto di ribellione esprime una nostalgia per l’innocenza ed un appello all’essenza dell’essere”.(Albert Camus)
Mi chiedo: perché sono invitati a comparire i genitori degli anarco-rivoluzionari della Cospirazione delle Cellule di Fuoco? Perché mi state citando? Lo fate per chiedermi se so qualcosa su questa organizzazione? Per rivolgermi domande sulla vita dei miei figli e tracciare il loro “profilo psicologico” o per farvi un’opinione sul loro ambito familiare? O per chiedermi se sono d’accordo con le azioni dei miei figli ed in generale dell’organizzazione? Per farmi restare in piedi dinanzi a questa tribuna, in cui avete poggiato questo piccolo libro per costringermi a giurare su quel dio che avete posto al sevizio del Potere? Per far sì che gli anarco-rivoluzionari si sentano a disagio quando i loro genitori ascoltano delle rozze domande? O perché vi rallegrate pensando d’averci fatto credere che siamo noi a dover render conto ed a scusarci?
Dichiaro, ancora una volta,che in nessun caso risponderò al vostro invito. E già che, a riprova di tutto quel che sta accadendo, ci saranno altri processi simili vi dico che non val la pena inviarmi altre citazioni, perché la mia posizione continuerà ad esser la stessa. In nessun caso contribuirò a questo processo. Non risponderò a nessuna delle vostre domande. L’agire dei miei figli e dei loro compagni era ed è clamorosamente politico ed anarco-rivoluzionario e per questo non c’è alcun bisogno di indagare sui parametri della loro vita privata.
L’organizzazione, la cui appartenenza si sono rivendicati, ha formulato le sue posizioni con totale chiarezza, precisione e coraggio. Qualsiasi cosa io dica, sarebbe poca ed insignificante. E visto che mi piacerebbe porre alcune cose chiare e forti, come lo sono, e perché non voglio offrire a nessuno la soddisfazione di rovinare tutto con delle stupide e ridondanti domande, ecco che scelgo la posizione del silenzio.
In merito a questo processo, non voglio rilasciare che una frase, quella che di continuo e con ardore e tensione si sta ripetendo, che è nell’aria come possibile dimostrazione di audacia e rettitudine. Si tratta della frase: “Noi processiamo esaminando profondamente il caso”. Ciò significa che, come voi stessi dite, state processando in accordo né più né meno con le clausole delle vostre leggi. Ciò significa che voi giudicherete basandovi sulle prove e non su indizi probatori o addirittura secondo la logica della responsabilità collettiva. E se menziono questa frase non è perché di colpo credo nei miracoli, ma perché in alcune occasioni ed in particolare nei casi che hanno a che vedere con l’azione rivoluzionaria di alcune persone, le parole devono avere importanza e responsabilità. Tuttavia, questo procedimento giudiziario fino ad ora non ha fatto presagire nulla di tutto ciò. Tutte le obiezioni basate su una logica comune, come quella di riconoscere i detenuti come prigionieri politici (come definito dalla vostra Costituzione e come viene proprio menzionato dall’accusa) sono state respinte senza alcuna logica. Il concetto dell’assunzione della responsabilità politica resta confuso con la responsabilità penale e ciò, ovviamente, non è dovuto all’ignoranza o al caso. E’ per questo che sottolineo tale frase ed alla fine del processo si potrà vedere se quel che state dicendo lo dite sul serio.
E’ certo che, da quando è iniziata la persecuzione penale dei contemporanei anarco-rivoluzionari, ho scoperto e rivolto un’attenzione particolare ad un quadro. Si tratta del quadro di Brueghel intitolato “Paesaggio con la caduta di Icaro”. Il volo di Icaro ha a che vedere con il desiderio dell’essere umano di fuggire dall’attrazione della terra. Volare. Essere sovrano anche nell’aria, andare anche nell’aria…
Sono l’orgoglio, l’arroganza, la disobbedienza e le voglie di mostrare che l’essere umano è capace di fare tutto. E adesso viene il pittore ed in primo piano c’è l’agricoltore. Questi, dedito alla coltivazione della terra, non è interessato a nient’altro. Ed in secondo piano c’è il pastore, un po’ più curioso, ma anch’egli volge lo sguardo in una direzione sbagliata. Poi c’è l’imponente barca che prosegue il suo viaggio e lì, all’angolo, un piccolo e povero piede dell’Icaro affogato. Togliere la gloria del progetto di Icaro in tal maniera… non l’avevo mai visto prima. E forse non è un caso. Non conosco quale fosse la filosofia di tale pittore; magari vuol dirci che la gente contemporanea, in merito ad un esperimento azzardato, si fissa così tanto sulle sue abitudini da temere il cambiamento e da non osare di riconoscere o provare qualcosa di nuovo.
Guardando il quadro non accetto che si tolga questa gloria. Adesso, quando nel nostro paese vengono processate delle persone che hanno ancora l’audacia di credere che se c’è qualcosa per cui val la pena in questa esistenza, questi sono i progetti degli Icari, nonostante provochino tanti dolori, nonostante le condanne e le reclusioni imposte da voi. Voglio avere la speranza e voglio credere che qualche volta la gente contemporanea di quelle ribellioni ponga in primo piano e riconosca le urgenze del volo.
Athina Tsakalos
Postscriptum: E se vi consegno questo scritto è per l’insistenza del tribunale che richiede la mia presenza e soprattutto perché non permetto il silenzio a me stessa. Il silenzio corrisponde solo ai morti e nei nostri tempi viene applicato in questi processi da parte di quelli che sono completamente sottomessi agli ordini del Potere.
E se sul serio volete capire quali persone state processando, leggete il loro discorso e guardate il loro atteggiamento. Christos Tsakalos, Gerasimos Tsakalos e Panagiotis Argyrou si trovano al 12° giorno di sciopero della fame e dichiarano: “Le tigri della collera sono più sagge dei cavalli dell’istruzione” (William Blake) e “Quando uno non muore per l’altro, siamo già morti” (Tasos Livaditis)…
Il 17 aprile hanno iniziato lo sciopero della fame in sostegno dei loro compagni Giorgos Polydoros, Damianos Bolano e Haris Hadzimihelakis, mentre gli altri membri della cellula prigioniera della Cospirazione delle Cellule di Fuoco li avrebbero seguiti secondo delle date predeterminate.