Proposta: l’antigiuridismo anarchico-amorale
Un frammento “primo” è stato posto nella decostruzione del processo penale, e dell’apparato complessivo del mostro-morale e secolare della giustizia e del “logico” uso del giudizio, in cui ci introduciamo nella “dissoluzione” di ogni legge borghese, che riflette e proietta la sua “ombra” di annullamento dell’individuo e consegna una risoluzione di specificazione dello spinoso e arduo sentiero dell’antigiuridismo. La strada è in salita.
Un secondo frammento andrà a toccate i cavilli burocratici usati in quelli che sono i diritti che si ottengono con le clausole procedurali firmate, per la “certezza” della pena, ma questo in un secondo momento.
Ora era tempo di uscire allo scoperto senza più la paura insita, nell’intromissione di “voci” che vogliono salvare, ma che hanno un effetto nell’inganno della redenzione o specificatamente nella “resipiscenza”.
L’essenza tramuta il “vivere” la repressione sotto una luce chiaroscura che rende la vista (con il “pensiero” che guarda), miope e dai contorni dal doppio effetto.
Dissimulare l’atto di una negazione sottintende a un cedere e franare ai ripetuti tentativi, dati dal mondo dei “normali, nel ritornare nelle insidiose mani della logica-compromesso.
In questo si estrinseca la valutazione degli effetti-segni di note distintive:
In una scelta che parte dall’individuo e torna all’individuo.
L’anarco-nichilismo/antisociale imprime forza alle mie parole che sono anche le mie “cattive passioni”.
La condivisione rifiuta ogni giudizio morale.
Il testo sono “me stesso” irriproducibile in quanto singolo, ma da fare “proprio” nella condivisione, in quanto “unione”.
Nel “mezzo”, che anche un “fine”: una “proposta” in una correlazione di testi che andranno a formare una pubblicazione in ambito antigiuridico che sarà editata dalle Ed.Cerbero.
“L’individuo in rivolta aspira a diventare senza legge.” (Max Stirner)
La vita brucia come una candela.1 L’esplicazione di un eresia, che da immaginativa diventa evidenza, esplora e analizza l’esplicito: In un mondo disarmonico e nella distruzione necessaria, nella ricerca di un disequilibrio in spazi remoti…
La “Frattura morale” si dissolve nell’indefinibile e l’inesplicabile (non essendo appreso da un linguaggio comune) e comporta ad ogni passo, un nuovo “conflitto”: impulso. Passione violenta.
Il principio a-morale si innalza in un riflesso di istinti e di impulsi, in una forza che deve essere consumata fino a renderla “nulla”, dal “nulla” da cui proviene.
“Il nichilista è colui che, del mondo qual è, giudica che non dovrebbe essere e, del mondo quale dovrebbe essere, giudica che non esiste.”2
Condannato dalle leggi dell”uomo” (devoto dell’utilitarismo), lo spirito libero-l’anarco nichilista, è legato a un esigua comunità, con un “filo” comune: l’informale “accadere” degli eventi.
“Spirito è la prima conoscenza di se stessi, la prima sdivinizzazione del divino, e cioè di quella forza ostile di quel fantasma, di quella “potenza” superiore.”3
Rifiuta la massa ed estirpa la concezione di classe, e la struttura che la supporta: “il diritto della società”. L’Irrilevante determina le pulsioni vitali del cittadino “automa del dovere”, e lo concretizza in una demolizione radicale del soggetto-individuo: in una “fede” (con il principio dell’obbedienza), in cui la “ragione” pretende il significato assoluto delle cose.
“Quanti esseri hanno attraversato la vita senza mia svegliarsi!
E quanti altri, si sono accorti che stavano vivendo
solo per il monotono tic-tac degli orologi.” Emile Henry, “Colpo su colpo”.
La sistematicità della logica e dell’ordine, e le regole comportamentali, affermano il loro ruolo del “definito” in un mondo dominato dal sacro ordinamento delle leggi.
Ma lo spirito libero avanza e oltrepassa:
Il caos e la caoticità degli eventi, mutano e ci prendono con sé, in una tracotante condivisione di intenti, in modo pregnante, come in un atto distruttivo che brucia i “codici della società”.
L’esperienza del caos distruttore, si distingue nella sua unicità e instabilità, e nel perdersi di ogni forma definita, in un flusso incessante della vita, che anche è sempre morte.
L’incipit anarco-nichilista “frantuma” la struttura complessiva dei valori e la presunta univocità delle cose, che si disgregano in un “mondo apparente”, e nell’avventarsi contro ciò che si “vede”, contro ciò chi si incarna negli uomini.
“Abbiamo eliminato il mondo vero:
Quale Mondo è rimasto?
Forse quello apparente? Ma no!
Con il mondo vero abbiamo eliminato
Nel parlare la lingua del nostro nemico, ci allineiamo ai suoi concetti:
Nella logica sistematica degli articoli di legge, la “giustizia” esige un bisogno morale, per giudicare la validità del “diritto”al giudizio, che è inalienabile dalla (società-ordine).
“La custodia cautelare appare proporzionata all’entità
del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata.”
Il diritto-dovere determina la proporzione della pena irrogata in base al giudizio.
Ne determina l’andamento in (base) all’oscillazione del reato che in materia legale-giuridica, presuppone la condanna da scontare, secondo il modello prescritto dall’ordine costituito.
Il giudice terreno diventa il giudice eterno, la cui legge e i comandamenti sono il punto nodale del “castigo”.
La “maschera del diritto” si frappone tra una scelta di rivolta (e negazione di una “maschera” giuridica), e l’accettazione di questo “diritto”, in armonia con un “mondo circoscritto”, relegando nell’impersonale l’individuo, che si trasforma in una forma morta, in una vita-non vita.
Il “Limite invalicabile” diviene l’adesione all’ordine-ordinario delle cose e del calcolo del prevedibile. L’appartenenza all'”Indugio”, ha un ruolo di regolamentazione che è principio-riflesso di “riconciliazione”.
La cementificazione del rispetto amicale si trasforma in un vincolo consacrato, e tramuta l’affetto in affezione.
Il divario tra il libero arbitrio e un’imposizione (del ruolo amicale) è la conseguenza logica del “riadattamento”.
“L’avvocato è l’interprete ed il mediatore tra le leggi e il cittadino e nel suo svolgimento del suo mandato, aiuta a comprendere le situazioni dal punto di vista giuridico, e individua la strada più celere e meno dispendiosa per la tutela di un diritto.”
“Ne parlo con l’avvocato. Un aiuto per tutelare i propri diritti e saper riconoscere quelli degli altri.”
L’individuo cade nella contraddizione (la falsificazione di ciò che accade) ed entra in un principio logico della “ragione”.
Chi “interpreta” (la difesa legale) questo “diritto-dovere” si (frappone) tra l’imputato e chi imputa, e svolge il suo ruolo “mediando”.
Subordina l’individuo-imputato alla propria visione di mediazione che gli dà il diritto, nel “diritto” al difendere.
Nell’interpretazione-“fede” della dottrina giuridica, la scelta di una “strada più celere” rende i contorni dell’esistenza, come in un sogno in cui la “cella” è lo sfondo inevitabile della vita quotidiana.
Il processo di trasformazione è collocato tra l’ordine e il disordine (la fusione del caos con l’esistenza). Annientando il “primo”, questo processo oltrepassa l’adattamento alle necessità della comunità umana (nella riconciliazione), laddove lo spirito libero, ricerca questo disordine attraverso le pulsioni vitali, e spezza e travalica gli argini di una civiltà edificata sull'”apparenza”, e rifiuta di farsi “giudicare”.
La negazione comporta la capacità di guardare oltre l’apparenza (il deducibile) e si antepone alla rete di codici-cavilli che rivestono l’intera struttura della società ordine.
L’antigiuridismo anarchico-amorale, imprime un segno di decodificazione nei criteri e la disciplina di un mero strumento di adattabilità alla dottrina giuridica (da e in cui il “confortante” diventa “conformità”) e lo sradica alla radice:
L’indefinito di conseguenza diventa il “rischio” dell’ignoto.
Nell’infrangere i codici della società-ordine, ci sporgiamo e ci esponiamo, attraverso la negazione dei valori assoluti e, nello spingerci fino alla radice di questa “negazione”, avanziamo in un continuo rinnovamento e superamento dei propri limiti, in un universo dominato dalla “logica”, controparte di “volontà”.
L’Antigiuridismo anarchico-amorale, negando l’esistenza di un “diritto”, spezza con la logica consequenziale, e frantuma nella “negazione” ogni interpretazione “logica” dell’essere giudicato in un identità delle cose.
L’Antigiuridismo anarchico-amorale si completa nella negazione di ogni “difesa legale” e sradica ogni opportunismo di facciata e “destabilizzando”, rende noti e concreti i contorni dell’irreparabile in un mondo che non ci appartiene.
In una rottura data dalle infinite possibilità di rivolta, vanifichiamo il labirinto di divieti, e negandoli non li riconosciamo, e ci poniamo ai “margini della società”.
1 Max Striner da ”L’Unico e la sua proprietà”:
“Ma come si sfrutta la vita? Consumandola come una candela, che si sfrutta bruciandola, si sfrutta la vita e con ciò se stesso, il vivente consumandolo e la vita e se stesso, godimento della vita e consumo della vita.“