# cenere
Dimitris è un anarchico arrestato ad Atene dopo essere stato fermato e perquisito dalla polizia, la quale gli ha trovato una pistola.
A tutti quelli che hanno considerato la mia cattura come una dimostrazione di terrorismo governativo, a tutti quelli che hanno considerato la mia cattura come un momento in grado di promuovere nuove resistenze, a tutti quelli che hanno percepito la mia cattura come un punto di partenza della promozione della lotta insurrezionale.
Dal 2 febbraio sono ostaggio in una prigione dello stato. Questo perché sono stato casualmente trovato, dal meccanismo poliziesco-terrorista, armato. La polizia ha usato questa coincidenza e ha deciso la mia detenzione, perché sono un anarchico. La mia prigionia è un altro tentativo di deterioramento della lotta sociale insurrezionale, un tentativo di annullamento di un altro combattente e un’intimidazione verso quelli che si oppongono alla brutalità governativa – capitalistica.
Io difendo io il mio diritto naturale, morale e politico, il diritto di ogni persona, di aver cura della difesa. Per la mia coscienza storica e sociale la legge è il centro del discorso terrorizzante dello stato, la giustificazione istituzionale della sua violenza letale e il pretesto ideologico della perpetuazione della proprietà e dello sfruttamento. Comunque non lascio ai meccanismi terroristi la possibilità socialmente non giustificare di usare le loro leggi contro i combattenti e contro me stesso, come gli fa comodo.
Non riconosco alcuna onnipotenza allo stato, nemmeno gli riconosco la possibilità intoccabile di comandare e dirigere, come neanche di imprigionarmi. Noi abbiamo ogni motivo per voler cambiare le contraddizioni del sistema di sovranità in momenti di conflitto, in momenti di lotta diretta. Con questi termini non tollero la mia detenzione come se fosse una ferita irreversibile, un prodotto di un attacco invulnerabile.
Tutte le persone sono sovralimentate contro la cultura dell’autorità. Tutti quelli che lottano, dentro e fuori le prigioni, con i loro comportamenti nutrono i rami della solidarietà. Tutti i prigionieri combattenti sono equamente difendibili nei confronti della repressione governativa e meritano quella solidarietà sociale e tra compagni che essi, con le loro azioni, hanno (o no) offerto.
Il mio obiettivo da dentro la prigione è di continuare a contribuire alla lotta insurrezionalista, all’autorganizzazione contro lo stato e i padroni in prospettiva di una rivoluzione sociale. Il mio obiettivo è anche quello di contribuire alla creazione di un fronte politico contro le prigioni dentro le prigioni e di far forza ai legami tra anarchici e altri prigionieri, sulla base della lotta insurrezionale e della solidarietà tra oppressi. E ovviamente, il mio obiettivo è anche il mio rilascio, così come quello degli altri combattenti dalle loro condizioni di ostaggi.
Chiunque senta il bisogno per me di essere un punto di riferimento nell’espressione della loro solidarietà, ha tutte le ragioni per farlo. Chiunque senta la mia cattura come un altro motivo di rivolta, ha tutte le regioni per opporsi praticamente al terrorismo dei padroni anche con questo motivo. Chiunque senta la mia cattura come un altro momento di resistenza contro la repressione e chiunque la sente come punto di partenza di promozione della lotta insurrezionalista mi ha già vicino.
Fin dai primi minuti della mia prigionia ho reso nota la mia opinione che la costituzione di un comitato interessato esclusivamente al mio caso sarebbe uno spreco di forze. Io ritengo che la creazione di iniziative in riferimento alla mia cattura o alla mia prigionia abbiano valore solo se alcuni compagni pensano che esse possano essere un punto di partenza della promozione della lotta insurrezionalista. La solidarietà ha un significato chiaro, quando essa sfocia nella dialettica pratica dello scontro con l’autorità. Pensandola così, supporto ogni mossa che cerchi di dar forza alla lotta sociale insurrezionalista, che essa si riferisca a me o no. Sulla linea di un dialogo tra compagni sono disposto a prendere iniziative da dove mi trovo.
Il minimo delle possibilità che un anarchico imprigionato ha, le mie parole scritte, sono a disposizione di chiunque si sente di dar significato ad un’esperienza comune, storica o sperimentale, e ad una prospettiva comune, immediata e storica.
LOTTA CONTINUA, AUTORGANIZZAZIONE, SOLIDARIETA’
4/5/2011
Dimitris Hadjivasiliadis
1° braccio della prigione di Koridallos