Hors Service – La conquista della Libertà – Libia : Guerra o Insurrezione?

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# cenere

Tratto dal giornale anarchico belga Hors Service N. 17

VOGLIAMO LA RIVOLUZIONE

In un periodo dove le parole sembrano perdere i loro significati, dove il linguaggio del potere cerca di penetrare in tutte le nostre conversazioni, pensiamo che sia sempre più indispensabile tentare di parlare chiaramente. Smettiamo di ripetere come dei pappagalli quello che ci dicono i giornalisti, quello che mostra la televisione, quello che il potere vuole farci credere. La questione non è di voler concordare ad ogni accosto, né di convertire chicchessia, ma almeno di parlare con la nostra bocca, con le nostre parole, con il nostro dolore e la nostre speranze.

 

GUERRA O … RIVOLUZIONE

L’inizio dei bombardamenti ad opera della NATO contro le forze leali a Gheddafi in Libia ha contrassegnato un passaggio fatale. Ciò che era senza dubbio l’inizio di una rivolta armata di una considerevole parte della popolazione contro il regime al potere, si sta lentamente trasformando essa stessa in una guerra militare.

Eccetto poche sacche di resistenza autorganizzata, quelle che le autorità di tutti i tipi definiscono gli “irregolari”, le rivolte in Libia sembrano essere degenerate in un conflitto tra opposti eserciti. E non per niente gli “irregolari” di lì sono sempre stati molto sospettosi riguardo alla “opposizione ufficiale” che ha copiato le gerarchie, i gradi, le strutture di comando dell’esercito di Gheddafi. Infatti, la militarizzazione del conflitto ha sepolto la possibilità di un cambiamento radicale della società libica. Nuove uniforme, nuovi capi, nuove autorità stanno ostacolando coloro i quali vogliono sperimentare altre relazioni sociali, relazione di solidarietà e reciprocità, autorganizzazione e vita sociale tra la gente al posto di un nuovo regime, di nuove strutture statali, di nuovi leaders e privilegi.

Oggi, in Libia, c’è una questione di supporto in ogni modo agli insorti che hanno combattuto e che combatteranno in futuro per un profondo cambiamento della società. Come ha detto un compagno anarchico libico, adesso è una questione di respingere il ricatto del potere, che esso sia Gheddafi, l’opposizione ufficiale o i paesi della NATO, che vogliono seppellire, spingendo per una mera guerra militare, la possibilità di una rivoluzione sociale. Non dimentichiamo mai quelli che sono caduti combattendo per la libertà, che hanno sfidato un regime mostruoso contando solo sulle proprie forze, mettendo le proprie vite sul fronte.

 

LA CONQUISTA DELLA LIBERTA’. LIBIA : GUERRA O INSURREZIONE

Le notizie dalla situazione libica che arrivano tramite i media principali ci dicono solo la cronaca della guerra. E’ una storia che ci fa rabbrividire: bombardamenti, morti, bombe a grappolo, feriti e profughi. L’insurrezione in Libia è diventata una lunga storia di orrori? Non rimane altro che la guerra, ora che la vicenda è in corso? Non c’è altro da dire riguardo agli eventi pieni di forza, audacia e perseveranza della gente che ha imbracciato le armi per liberare sé e gli altri dal giogo di un dittatore che li ha repressi per 42 anni? I media occidentali vogliono farci credere che non c’è altro che una guerra sanguinosa in corso, e questo non ci sorprende. L’Occidente, avido di potere e denaro, e la NATO devono legittimare il loro ruolo di “salvatori del popolo libico”. Così, si ritrovano costretti a nascondere la realtà combattiva degli insorti libici e ci fanno pensare che questa gente si è gettata nella confusione, e nient’altro. Ma, chiudiamo per un momento i giornali dei media capitalista e cerchiamo di guardare da vicino all’insurrezione. Andiamo alla ricerca della sua storia.

Sono state dette un sacco di brutte cose nei nostri giornali in merito a quelli che vengono chiamati “shebabs”. Gli shebabs, sono loro gli insorti che si rifiutano di venire irreggimentati in una nuova struttura militare che si è formata nella parte liberata della Libia. Vengono trattati come malvagi, banditi, gente che non sa quello che sta facendo, che non vuole obbedire agli ordini militare, che non sono veri ribelli. Ma la creazione di questa immagine negativa degli insorti ha i suoi motivi. E’ solo in cambio dell’accettazione della struttura militare e della formazione di un esercito effettivo che gli insorti riceveranno armi dall’Occidente. Se non accettano questo, niente. In altre parole, ciò che l’Occidente sta chiedendo agli insorti è di fermare la loro insurrezione in cambio di una guerra. Dal momento che l’Occidente vorrebbe preservare e rafforzare il suo controllo nel paese. Un controllo particolarmente necessario per frenare l’”immigrazione clandestina” (che spesso passa dalla Libia) o per garantirsi petrolio e gas. Non possono tenere sotto controllo un’insurrezione, ma una guerra si.

Una tradizionale struttura militare implica colonnelli e generali che prendono decisioni strategiche e fanteria, carne da macello, per obbedire agli ordini senza pensare. Una struttura militare implica l’ingaggio di una guerra, e in guerra c’è semplicemente la questione di eliminare il nemico. In Libia sembra stia accadendo qualcosa di abbastanza diverso, qualcosa di molto più profondo. Prima di tutto gli shebabs non sono carne da macello, ma uomini in carne ed ossa. Molti di loro si rifiutano di diventare un esercito, mostrando che, per loro, non è solo una questione di eliminare il nemico ma di combattere per qualcosa di più: per la libertà. E questa libertà si perde nel momento in cui qualcuno inizia ad obbedire agli ordini dei nuovi Gheddafi. Questi nuovi Gheddafi si stanno mostrando, i nuovi padroni che vogliono che altri obbediscano ai loro ordini e che vogliono prendersi il fottuto diritto di governare gli altri. L’autorità può ben essere simboleggiata da un’infame personaggio come il dittatore, non è certo necessaria solo la caduta di questo infame per conquistare la libertà. Questa conquista è ciò per cui ognuno sta lottando. E’ la conquista del qui e ora, l’unico cammino verso un futuro libero. Obbedire agli ordini dei nuovi militari libici significa la fine dell’insurrezione, l’annuncio di una nuova era di sottomissione e obbedienza. E molte cose sono in ballo.

Anche la composizione variegata degli insorti ci mostra le tracce di qualcosa di più profondo. La questione è che ci sono persone di origini diverse, e anche immigrati. Sapendo che in un paese come la Libia questi immigrati hanno avuto una posizione di secondo piano, che sono stati soggetti ad un forte razzismo, la loro partecipazione all’insurrezione è di grande valore. Se tramontano le differenze tra questi gruppi di persone, significa che un muro nella società sta iniziando ad oscillare.

Non sappiamo riguardo alle donne. Ma ci riesce difficile immaginare che metà della popolazione sia esclusa da un processo insurrezionale che è andato avanti per settimane. In ogni caso, la liberazione delle donne è possibile solo continuando questo processo. Le gerarchie tra uomini e donne non possono essere messe da parte finché non ci sarà campo libero. Questo campo potrà essere aperto solo mentre l’insurrezione avanza, mentre il rifiuto della militarizzazione resta presente.

 

AUTORGANIZZAZIONE E SOLIDARIETA’

L’insurrezione nella città di Misurata si è presentata a noi soprattutto come grande racconto di orrori, impossibile negarlo. Ancora, le battaglie ancora sono in corso a Misurata e ci sembra in ogni caso che ciò che sta succedendo non può essere racchiuso nei vocaboli militari di “sconfitta” o “vittoria”. Non intendiamo negare che ci sono stati molti morti o che la lotta sia dura. Si potrebbe effettivamente dire che in un’insurrezione poco importa quando qualcuno muore. E questo è vero. Ma la nostra intenzione è di mettere in luce le cose che stanno venendo fuori, e che lì, in mezzo ai combattimenti, hanno la possibilità di venire fuori. Tanto più che si potrebbe dire che se i bombardamenti NATO sono stati in una certa misura un aiuto per la lotta degli insorti, va anche detto che se questi ultimi perdono il controllo della lotta, sono gli insorti stessi che perdono. Guardiamo per esempio al modo in cui gli insorti si organizzano nella città di Misurata. Come dovunque in Libia, non hanno a disposizione un arsenale di armi che a livello tecnologico come quelle dell’esercito di Gheddafi. Stanno lottando con granate artigianali, molotov, armi leggere, miste a creatività, coraggio e solidarietà. Danno vita ad una guerriglia urbana che sta impedendo a Gheddafi di riprendersi la città. Gli insorti conoscono la città come i loro palmi, i loro campi di battaglia sono come un labirinto ostile dove le truppe del colonnello difficilmente osano andare. Intorno alla famosa strada per Tripoli, l’esercito di Gheddafi ha posizionato dei cecchini, ma molti muoiono perché restano isolati dal resto delle truppe a causa degli insorti e così restano senza cibo o acqua; gli altri si stanno arrendendo. Ecco perché adesso l’esercito sta preferendo i bombardamenti e le bombe a grappolo: Misurata non può essere riconquistata, a meno che la si terrorizzi bombardandola. Un altro vantaggio degli shebabs è che non sono un anonimo esercito di soldati che affrontano l’anonimo esercito di Gheddafi, ma sono persone che si organizzano in piccoli gruppi. Gruppi di persone che si conoscono e che si fidano gli uni degli altri si stanno organizzando da sé contro l’oppressione. Individui che hanno lottato fianco a fianco e stanno continuando a lottare. Questa è la lotta degli shebabs ovunque in Libia. E li la questione non è tanto sapere se comporta un vantaggio militare, ma il rivelarsi di relazioni con gli altri in un modo del tutto nuovo: non come soldati, ma come compagni in lotta contro l’oppressione.

Anche se l’insurrezione è sconfitta, si potrebbe ancora dire che, in un certo modo, gli insorti hanno vinto. Hanno provato la lotta insieme ai loro amici e a chi gli sta vicino; hanno provato una lotta che lascia intatta l’individualità, che li lascia essere persone, esseri umani che rifiutano di farsi distruggere dalle strutture militari che ancora una volta tentano di trasformarli in obbedienti robot.

 

SOLIDARIETA’

Attraverso l’intera insurrezione in Libia e le rivolte negli altri paesi, un filo rosso di slancio solidale è stato creato. I ribelli di Misurata si sono rivoltati in solidarietà a quelli di Bengazi. Più che altro, gli insorti si stanno rifiutando di scendere a patti con Gheddafi, un patto che taglierebbe il paese in due. Visto che sanno che ci sono ancora altri insorti nel paese, e che rifiutano di abbandonarli agli orrori del colonnello. Va ricordata anche la questione del cibo. Un aspetto davvero bello di questa insurrezione è che il valore del denaro al momento sta venendo meno. La Libia è un paese che è ampiamente dipendente dall’importazione di cibo, e ancora adesso il cibo sta arrivando dal confine egiziano. Chi non ha soldi non paga. E’ molto semplice. Lo stesso per la distribuzione nelle città nelle mani degli insorti o al fronte.

 

MA PER COSA STANNO LOTTANDO?

Questa è una domanda che molti stanno facendo, e per essere onesti: tiriamo un sospiro… Si potrebbe riempire una intera libreria con le descrizioni del regime dittatoriale di Gheddafi. Ma guardiamo un elemento del suo sistema, perché esso ci mostra qualcosa di molto toccante e meraviglioso. Gheddafi ha governato con l’aiuto di una larga parte della popolazione nel libro paga dei servizi segreti. Un sistema identico a quello della Stasi nella Germania Est. In altre parole: un sistema dove tu sospetti di tuo fratello, del tuo vicino… Perché quelli che lavorano per i servizi segreti sono ovunque, e denunciano chiunque si esprima contro il dittatore. I dissidenti vengono tirati giù dai loro letti e gettati nelle prigioni sotterranee… E di colpo un’insurrezione irrompe in un paese così. Il sospetto lascia il posto alla fiducia. La denuncia del prossimo si trasforma in solidarietà. Che un’insurrezione abbia visto la luce in un paese basato sul più profondo “divide et impera” è un fatto di inestimabile importanza. Le relazioni tra le persone sono entrate in gioco; e la trasformazione di queste relazione è più forte delle bombe della NATO.

 

E NOI?

Il fatto che si senta parlare della NATO, di mosse diplomatiche, di Concilio Nazionale, … come se fossero i protagonisti, e gli shebabs un fenomeno marginale, ha forse le sue ragioni nel denaro e nel potere. Forse vogliono impedirci di sviluppare cattive intenzioni. Vogliono impedire che l’insurrezione in Libia ci ispiri. Il fatto che anche noi, qui, potremmo iniziare un’insurrezione. Un’insurrezione che inizia dall’autorganizzazione di piccoli gruppi di persone che si conoscono bene tra di loro. Forse perché gli embrioni di un tale modo di organizzarsi già esiste in Occidente, come ad esempio quando i giovani si organizzano per attaccare quando la polizia uccide (basti pensare a cosa è accaduto recentemente a Charleroi). E non dimentichiamo che durante le rivolte del Novembre 2005 in Francia Sarkozy propose di usare le forze militari per abbattere la rivolta. E che la NATO ha basi militari ovunque nel nord Italia dove i soldati si specializzano in metodi e tecniche per abbattere le insurrezioni nelle città. Perché loro sanno molto bene che queste insurrezioni possono esplodere. Oggi, condanno i potenti di molti paesi perché essi ordinano di sparare “contro il loro stesso popolo”. Dobbiamo farci entrare in testa che i paesi della NATO non esiteranno a fare lo stesso appena il potere si sentirà minacciato. Ed essi infatti si stanno già preparando.

 

STA A NOI

E’ facile: anche noi siamo apprezzi, anche noi siamo capaci di organizzarci contro la repressione. Anche noi possiamo riscoprire noi stessi ed essere solidali in una lotta per la nostra libertà. Questa è la vera minaccia per il potere ovunque sulla terra.

Per finire, mandiamo molto coraggio agli insorti impegnati a seppellire l’obbedienza nel passato. Gheddafi può anche morire, insieme a tutti quelli vogliono avere il potere sugli altri oltre che su se stessi.

 

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