* http://actforfreedomnow.blogspot.com/2011/02/letter-from-imprisoned-anarchist.html
trad. Cenere
Il 9 marzo la giustizia urbana giudicherà pubblicamente il mio “caso”. Un “caso” creato di proposito nei laboratori biologici del GADA ( stazione di polizia centrale ad Atene ) ma che non è in ogni caso un prodotto di fantascienza.
La connotazione politica della mia persecuzione, io credo, può essere sintetizzata in un abominio delle proposte interrogative, con le quali s’è cercato di confermare la decisione del mio arresto. Subito dopo lo sforzo monotono al fine di sostenere la sola, e di minima importanza, prova che la polizia ha portato come prova di colpevolezza – una maschera chirurgica con il mio DNA -, l’interrogatore continua come segue: “Testimoniando, comunque, l’accusato, con frasi proprie, si dichiara un anarchico, non nasconde la sua azione sovversiva, include se stesso nel movimento anarchico, si considera un rivoluzionario e desidera sovvertire questo mondo, includendosi nella lotta quotidiana contro lo stato e il capitalismo”.
La gravità data alla parola “comunque” nel discorso dell’autorità accusatoria rivela in maniera eccellente il contenuto delle dichiarazioni probatorie. Ciò dimostra l’attendibilità delle argomentazioni giuridiche, che ovviamente sono da valutare incomplete e mirano a rafforzarsi per ottenere guadagno e prestigio attraverso le mie convinzioni ideologiche e i miei obiettivi, sostanzialmente il mio DNA politico.
Se c’è qualcosa, inoltre, qualcosa che da sostanza alle accuse ufficiali, non è il materiale genetico trovato su una delle maschere perse trovate nell’area di Exarchia a causa degli scontri dei giorni precedenti, ma il mio materiale genetico politico, la mia presenza dietro le barricate che definisce la mia posizione di classe e la mia coscienza contro la sovranità capitalistica e il terrorismo governativo.
Inevitabilmente, il contenuto dell’imminente processo il 9 marzo viene definito anche da questo preciso conflitto di due mondi ostili, il mondo della sovranità e la resistenza e la rivolta contro di essa. Un conflitto che nel particolare terreno della mia persecuzione è rappresentato dalla diretta giustapposizione da un lato del nucleo totalitario della democrazia cittadina, l’ammasso poliziesco-giudizario, dall’altro me insieme al movimento di solidarietà e i prigionieri politici.
Oltre comunque alla politica, l’imminente processo è anche un esperimento : nel mio caso ciò che si prova sostanzialmente è la possibilità dell’autorità di neutralizzare gli oppositori politici, operando su persone colpevoli per l’unica prova significativa dei risultati scientifici dei laboratori biologici del GADA.
Fino ad ora la prova della mia persecuzione è più o meno nota. Subito dopo il fallito tentativo della polizia e degli spacciatori dell’ufficio elettronico e cartaceo di affibbiare al mio arresto per gravi reati accuse mirando alla mia morale indignazione ( ma anche il blackout delle condizioni del severo ferimento del combattente Simos Seisidis ), la direzione è stata gestita dai poliziotti dell’Antiterrorismo, facendo riemergere un caso dimenticato di una sparatoria contro un furgone antisommossa del MAT nell’estate del 2009 a Exarchia. Con prove chiare che l’identificazione del mio materiale genetico è stata fatta illegalmente dal mio portafoglio con il materiale genetico trovato sulla maschera chirurgica ritrovata nell’area dell’incidente, solo qualche minuto prima che io fossi rilasciato, un mandato di arresto venisse pubblicato e che ordinassero la mia detenzione. Solo il verbale dell’unità antiterrorista è stato oltre ogni modo estremamente dilettantistico. Da nessuna parte nel verbale risulta che la maschera – l’unica prova evidente – appartenesse all’esecutore della sparatoria, mentre la descrizione fisica dell’esecutore fornita da un testimone oculare e dagli ufficiali di polizia era ovviamente in contraddizione con la mia. Come per l’infame materiale genetico, non è stato mai chiarito di che tipo esso fosse, mentre in un verbale i laboratori polizieschi mantengono deliberatamente il segreto – cosa che rafforza la mia principale dichiarazione difensiva, secondo la quale nella prova della maschera sono stati trovati materiali genetici di più individui.
In merito al verbale dell’unità antiterrorismo riguardo a qualcuno che “non è venuto”, come ammette lui stesso, si è tentato di farlo prendere dall’interrogatore. Con l’uso selettivo di prove del fascicolo e procedure inaccettabili che controbilanciano le testimonianze, l’interrogatore ha presentato una realtà adattata alla verità dell’unità antiterrorismo e considera come unica prova l’abuso procedurale e scientificamente controverso del DNA.
Appare, dunque, che la montatura non ha soddisfatto l’interrogatore, che fornisce infine l’argomento decisivo al fine di chiudere il caso: la mia, come ho confessato, ricorda lui, posizione e azione sovversiva. Il mio impegno politico non era, ovviamente, sconosciuto alle autorità giudiziarie che ovviamente non stavano aspettando la mia dichiarazione per conoscerlo. Ciò che qui richiede particolare attenzione, è che il DNA politico di un accusato viene presentato per un verso nei processi giuridici come forte prova di colpevolezza, qualcosa che almeno fino a poco tempo fa le autorità tenevano fuori dalla loro retorica ufficiale. Le infami scartoffie governative della polizia e dell’unità antiterrorismo, che costituiscono da anni la guida alle persecuzioni e agli imprigionamenti di dozzine di combattenti, sono affiancate da un lato con la forza legale e sono trasformate in ufficialità giuridica. Nel nuovo disegno di legge antiterrorista che è stato votato qualche mese fa dal governo del memorandum, l’accusa alle idee è diventata legge. Una nuova parola, insieme alle straordinarie autorità giuridico-poliziesche, è adesso in uso e apre la strada a speciali registri di combattenti, spazi politici e movimenti.
Nella nuova era di repressione, nel periodo del FMI e della guerra totalitaria che il capitale e lo stato hanno dichiarato alla società, le accuse contro i nemici politici del regime non possono avvenire ancora con i datati e rigidi una rattrappita democrazia cittadina. Nello stesso momento FMI, UE e le loro rappresentanze nazionali impongono un regime di totalitarismo economico capitalistico e il manto della democrazia cade. Quindi il catalogare le idee politiche e altro di simile come anche scenari polizieschi post guerra civile “sono legati” con l’attuale ricerca di DNA nei laboratori del GADA. E’ un momento dove la fetida diffusione della repressione governativa nazionale incontra il totalitarismo del futuro.
L’analisi, dunque, del mio DNA politico acquista un’importanza fondamentale per leggere gli eventi particolari della mia persecuzione. Visto che, alla fine, lo stato mira in questo processo – come negli altri imminenti processi per altri compagni -, oltre alle azioni attribuite anche alla immagine della lotta e della resistenza che ognuno di noi rappresenta. Le prove qualitative e quantitative possedute nel mio esempio personale, sono identificate con le impronte collettive lasciate da piccoli e grandi momenti di lotta sociale degli ultimi venti anni, che compongono insieme a centinaia di tracce uniche il mosaico del movimento rivoluzionario anticapitalista.
In questo modo ogni processo politico e l’estensione di ogni lotta è anche un’esplorazione della nostra stessa storia.
Da quando parliamo di storia, la gioiosa “fine della Storia” che nei primi anni ’90 era stata affermata dalla globalizzazione capitalistica e aspirava ad esprimere i nazionali e costruiti argomenti di modernizzazione, era inoltre il punto di partenza della formazione delle mie stesse questioni politiche, in altre parole, la mia stessa storia. Le occupazioni scolastiche del caldo inverno del 90-91, come esperienza di rabbia, lotta autorganizzata, conflitto e vittoria, erano motivanti punti di partenza e di riferimento per dozzine di ragazzini di differenti zone di Atene che si incontravano nelle strade del centro. Nel laboratorio sociale e politico di Exarchia risiedeva la rabbia adolescenziale, socializzata e trasformata nell’azione insurrezionale sociale e politica, senza comunque fermare la sua dimensione giocosa: l’impulso, la testardaggine, l’improvvisazione, la compagnia e l’amicizia, hanno lasciato le loro tracce indelebili così tanto sia nella forma che nel contenuto dell’azione politica. Un azione, che sebbene geograficamente limitata, ha ricercato il filo di connessione – e in grande misura c’è riuscita – con buona parte degli scontri delle lotte di classe sociali nazionali e globali. Dal tentativo insurrezionale del Politecnico universitario nel 95 alle barricate fuori dalle scuole nell’estate del 98 e le mobilitazioni scolastiche contro la riforma dell’istruzione. Dal caldo benvenuto al “leader del pianeta” Bill Clinton nel Novembre 99 e i cortei contro le guerre imperialiste, al movimento contro la globalizzazione capitalistica. Dalle azioni ed assemblee locali nei quartieri alla pratica dell’azione diretta. Dalle mobilitazioni studentesche contro la privatizzazione dell’educazione alla rivolta nel Dicembre 2008. E ovviamente, come costante valore che ha attraversato la totalità delle lotte: la solidarietà ai prigionieri politici e il dare importanza alla memoria dei compagni che ci hanno lasciato durante esse.
Dunque questo DNA politico, mio e di tutti quelli che hanno avuto relazioni politiche nello stesso contesto e continuano a definirsi tramite la lotta per la libertà sociale, è alla fine ciò che sostanzialmente sta per essere giudicato in questo processo.
Il mio arresto è accaduto un giorno dopo la subordinazione del paese al FMI e gli annunci del primo ministro riguardo alle prime misure di dura austerity. Alla cerimonia di consegna degli ultimi diritti lavorativi al capitale, il discorso riguardo alla “fine di un’era” e al “voltare pagine” suona di nuovo civettuolo. Ma, la sovranità dovrebbe star attenta. Un’altra “fine della storia”, venti anni prima, è stata per molti il punto di partenza e di passaggio dal periodo della rabbia adolescenziale all’azione politica sovversiva. Attraverso il doloroso processo dell’autoconoscenza, l’autocritica e la maturità che accompagnano chiunque e l’accumulo di esperienze di lotta, la nuova “fine di un’era” sarà l’inizio di nuovi conflitti, progredito politicamente e da un punto di vista militante come le attuali condizioni oggettivamente esplosive.
Aris Seirinidis
Prigioniero politico
1° Braccio
Prigione di Koridallos