Comunicato de La loggia delle polveri infiammabili
Il 17 gennaio 2011 è iniziato il processo ai compagni greci dell’Organizzazione Rivoluzionaria “Cospirazione delle Cellule di Fuoco” che, dal carcere e dalle aule squallide di un tribunale, continuano a rivendicare il loro percorso di lotta e la loro identità. Molti individui e gruppi affini in tante parti del mondo stanno esprimendo loro la solidarietà con l’azione.
Accogliamo con rabbia ed al contempo con gioia le notizie che ci arrivano dalla Grecia, dal Cile, dal Messico…
Ci divora la rabbia nel sapere che compagni che reputiamo nostri affini siano rinchiusi in una gabbia e vogliamo esprimere loro tutta la nostra solidarietà e vicinanza; a loro ci unisce il comune desiderio di veder annientata ogni forma di potere e di sfruttamento.
Non possiamo che godere nel vedere che la medesima fiamma che arde nei nostri petti, continua a bruciare nei loro.
E’ questa fiamma e questa rabbia a rendere la nostra solidarietà un’urgenza, un bisogno bruciante che solo l’azione può appagare. Non c’è spazio per il procrastinare, per i calcoli e le mediazioni. Non ci scalda più il fuoco della rivolta che dalle nostre parti sembra ridotto a tiepida brace. Cosa possono intaccare queste timide vampe, se la solidarietà si è ridotta ad una semplice parola, ad una emotività più di maniera che non viscerale, se la imbrigliamo in manifesti, volantini, comunicati e slogan, senza mai trovare la concretezza dell’attacco, del fuoco, della rivolta priva di compromessi?
Lasciamo respirare le fiamme, così che tornino ad ardere. Le parole sprecate in infinite assemblee, nelle lusinghe al “sociale”, nella vuota e impotente indignazione non si limitano ad essere fiato sprecato, non utilizzato per soffiare sulle braci, ma consumano vanamente tutto l’ossigeno necessario alla combustione. Non vogliamo scadere però nell’inutile feticcio di un’unica pratica; ben venga un manifesto chiaro, allo stesso modo dell’azione necessaria.
Ciò che conta è ristabilire la centralità dell’attacco. continuare a tentennare o ad indietreggiare, rifugiandosi nel militantismo sociale, rinunciare al linguaggio ed alla pratica propriamente anarchica, tollerare la vicinanza o l’alleanza con nemici autoritari in vista di un misero successo specifico sta portando alla fine di ogni conflittualità. Ma c’è chi non ci stà. L’assalto al cielo non si conduce accontentandosi, per comodità o codardia, di sfidare a parole la manciata di stelle incorniciate nella finestra di casa propria o del posto occupato di turno. La guerra del potere è in corso da sempre e si manifesta quotidianamente attraverso il dilagare delle “guerre umanitarie”, delle devastazioni ambientali, strutture repressive, sistemi di controllo, sfruttamento, consolidamento della dittatura scientifico-tecnologica.
E la nostra guerra?
In Italia non si avverte neanche il sapore lontano di una battaglia, bensì percorsi di “lotta” prevedibili e noiosi. Altrove, alcuni compagni/e hanno iniziato la propria guerra, mostrando di essere disposti a tutto, a costo della libertà, a costo della vita. Cogliamo i loro appelli.
Trasformiamo le parole e i desideri nella concretezza della rivolta dilagante.
Per l’anarchia.
La loggia delle polveri infiammabili