Oggi ho saputo che Manuel Pinteño e Amadeu Casellas
sono LIBERI. Questa notizia, senza che li conosca di persona, mi ha
rallegrato senza farmi cadere nell’euforia. Lo Stato
oppressore/ladrone fascista non ha regalato nulla a questi compagni,
al contrario ha “sottratto” i migliori anni della loro
esistenza. Con queste due persone, com’è anche accaduto con il
compagno Joaquín Garcés,
son andati ben oltre i limiti della loro legalità in quanto a
pene effettivamente scontate.
Non mi rallegro solo per questa notizia, ma anche per le loro famiglie ed
esseri cari, perché per essi è terminato questo atroce
calvario; ma d’altro canto mi rattrista constatare ogni giorno come
l’industria della detenzione/assassinio continui a funzionare
inesorabilmente a tutto gas, lasciandosi dietro una scia di morte,
sofferenze e torture… Che questo fatto non c’induca
all’autocompiacimento del tipo “il sistema alla fine funziona,
male ma funziona”. Non è così. Non funziona nulla
quando le stesse fondamenta della sua esistenza, i principi che
regolano la sua attività si basano su criteri di
disuguaglianza e di crimine.
Per questo, esprimo la mia gioia per la scarcerazione di questi due
compagni, ma torno a ripetere che fino a che ci sarà anche un
solo prigioniero, fino a che ci sarà un solo carcere/morte in
piedi, fino a che ci sarà lo Stato, noi continueremo ad essere
“carne da cannone” per l’industria della morte.
Per questo insisto: fuoco al sistema. Rivolgo un appello a livello
internazionale affinché le azioni contro il carcere si
intensfichino non attraverso “giornate di lotta”, ma con la
guerra permanente in qualsiasi luogo del pianeta. Lì
c’incontreremo sempre. Solo attraverso lo scontro violento ci
riusciremo. Liberiamoci da tutti i patiboli, da tutti gli aguzzini,
dall’assassinio legalizzato all’ingrosso, il resto è… meglio
che non continuo per non ferire sensibilità altrui.
Liberate Tamara!
Nel mattatotio carcerario di Valdemoro, modulo d’isolamento.
Juan Carlos Rico Rodríguez