fonte: Tokata
traduzione: Culmine
[…]
Continuo a stare bene per quel che è possibile. E’ trascorso
più di un mese da quando sono stata arrestata, con tutto il
trambusto che ne è seguito e che preferisco ricordare come un
brutto sogno.
Ciò nonostante, ti dico che tutto questo non ha fatto sì che mi
abbattessi in nessun momento. Sono stata e sono con molta forza e
voglia di continuare a lottare. Questo grazie a voi, a tutti voi che
siete lì e che ho avuto in mente per tutto questo periodo, in
nessun momento mi sono sentita sola e questo credo che sia molto
importante in cella, mi fa sentire fortunata perché mi rendo
conto sul serio che il più grande male qui è la
solitudine, che fa sì che la disperazione, l’umiliazione,
l’impotenza e la paura crescano. Per questo qui mi vedo obbligata ad
esser contenta ed a trasmettere tutto il mio coraggio. E’ che qui è
molto facile andare all’aria e metterti a piangere di colpo, pensando
a qualcuno […]
La verità è che anche adesso mi trovo un po’ persa ed
isolata, anche se so che siete lì, ma la censura delle
comunicazioni e queste fottute mura sono, in alcuni momenti, molto
forti e mi impediscono di vedere con chiarezza la realtà
all’esterno (anche se più o meno posso immaginarmela). […]
Penso che la miglior solidarietà sia quella di continuare la lotta.
Per questo penso che si se fa la campagna per me, credo che debba
avere una continuità ed un supporto reale che serva per dar
più forza alla lotta anticarceraria, altrimenti non ha senso e
nemmeno voglio che si paralizzino altre cose per colpa mia. Per di
più adesso sono più tranquilla e rifletto per quel che
posso, cerco di trovare la maniera di continuare a lottare da questo
lato del muro.[…]
L’UNICA LOTTA CHE SI PERDE E’ QUELLA CHE SI ABBANDONA
Tamara – lettera del 23 gennaio 2010
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Queste righe vengono dall’interno del grigio e freddo carcere di Brians,
cercando di restituire in qualche maniera tutto il calore e l’affetto
verso coloro che con il sostegno e la solidarietà sono
riusciti ad ammazzare giorno dopo giorno la solitudine e la routine
celati dalla reclusione; a voi che mi date tanto coraggio e forza in
questi momenti e oltrepassate questa barriera che ci separa facendo
sì che in nessun momento smetta di sentire la libertà;
a tutti voi che avete dimostrato che con un semplice foglio di carta
ed una penna si può restituire la speranza e la voglia di
continuare a lottare; a tutti voi che lottate contro questo affare
della tortura, della punizione e della repressione che sono le
carceri.
E a voi… Cosa posso dire che già non sapete? Come si reprime
una lotta? Come si murino le voci? Come le loro schifose leggi
controllino le nostre esistenze?
Potrei dirvi come il 15.12.2009, prima che spuntasse il sole, un manipolo di
Guardias Civiles hanno fatto irruzione nella mia casa, hanno preso
tutto quel che volevano e mi hanno sequestrata.
Potrei cercare di spiegarvi quel che ho provato nell’ascoltare grida di
dolore e di paura dalla cella di un commissariato.
Potrei trasmettervi le esperienze che alcune detenute hanno voluto
condividere con me, in cui mi parlano di umiliazione, tortura,
impotenza e solitudine.
Potrei parlarvi su quel che ho potuto osservare da questo lato del muro, di
come questo “Affare Penitenziario” tragga beneficio dalle
persone sequestrate e come tutto questo venga chiamato
“reinserimento” (strana parola…).
Potrei illustrare con alcuni casi ai quali ho potuto assistere, in questo
mese e mezzo di privazione della libertà, parte del
funzionamento del Sistema sanitario in prigione, in cui il metadone e
le altre droghe legali sono il miglior metodo di controllo; in cui la
salute e la vita delle persone interessano molto poco.
Potrei parlarvi della tristezza che sento quanto la mattina ascolto questa
frase: “Un giorno meno”, invece di “un giorno in più”.
Potrei dirvi che, dietro queste mura, si isolano e si distruggono le
persone.
Ma… tutto questo già lo sapete, vero? L’abbiamo sentito tante
volte, l’abbiamo vissuto, è accaduto tante altre volte, lo
sappiamo. Sappiamo che ci troviamo all’interno di un sistema ingiusto
in cui siamo condannati a “non vivere”, in cui la falsa
idea di “benessere” acceca le persone e le condanna. In
questo: il lavoro ci lega, le leggi ci controllano ed il carcere ci
reprime e punisce.
Mi rifiuto di esser vittima di tutto ciò, nemmeno adesso mi sento
tale. Voglio essere e sarò sempre il loro “problema”.
Per questo quel che realmente voglio trasmettervi con queste parole è
la voglia di continuare a lottare, a non arrenderci, a continuare a
fronteggiarli, a cercare -almeno- di respirare liberi e di sentirci
vivi.
Penso a voi e mi sento viva, libera e forte. La vostra solidarietà è
riuscita ad esser più forte delle sbarre.
Per questo la presente lettera è rivolta a tutti voi che ogni
giorno fate sì che valga la pena lottare, a tutte le persone
sequestrate in questi Centri di Sterminio, a tutti voi che lottate
sia dentro che fuori dalle carceri…
Ricevete in fraterno abbraccio carico di Libertà e di ribellione.
LIBERTA’ PER TUTTI I PRIGIONIERI!
ABBASSO LE MURA DELLE PRIGIONI!
VIVA L’ANARCHIA!
Tamara
– lettera del 26 gennaio 2010
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Situazione di Tamara:
il 15 febbraio saranno 2 mesi che la nostra amica e compagna Tamara si
trova sequestrata dallo Stato. Attualmente, per ordine della
direzione carceraria di Brians I ha la censura alle comunicazioni:
i colloqui sono ristretti ai soli familiari, controllate le chiamate
telefoniche, censura della corrispondenza. Le è stato respinta
una istanza di libertà provvisoria.
Tuttavia Tamara ha un forte spirito, si sente molto appoggiata dalla famiglia
e dai compagni.
Noi non dimentichiamo che lei si trova sequestrata e che la sua lotta,
che è la nostra lotta, non termina quando uno di noi viene
rinchiuso. La solidarietà attiva ed il mutuo appoggio danno
molto fastidio allo Stato assassino.
La nostra risposta è quella di continuare a lottare.